Le parole usate dal presidente della Camera Gianfranco Fini per commentare i fatti di Verona e quelli di Torino sono di puro buon senso. Le due vicende non possono essere paragonate. Dietro il massacro di Nicola Tommasoli c'è tutta l'atroce banalità di una sottocultura teppistica, xenofoba e razzista di autentici delinquenti che agiscono indifferentemente tanto nei boot party (leggi pestaggi gratuiti) quanto nelle curve degli stadi. Dietro il rogo delle bandiere Israeliane del primo maggio in piazza San Carlo a Torino, si nasconde l'odio per un popolo e per uno Stato che si vorrebbe cancellare. Si giustifica con un confuso antisionismo, quell'antisemitismo pratico, per dirla con Fiamma Nirenstein, che trova la sua legittimazione nel mondo politico, culturale ed accademico del nostro Paese.
Elie Wiesel, scrittore, testimone della Shoah e premio Nobel per la pace, ha commentato “chi brucia le bandiere sparge odio, porta a bruciare i libri ed a legittimare chi brucia le persone, offende i simboli di popoli e di fedi e dovrebbe essere punito dalla legge”.
L'incendio delle bandiere con la Stella di David da parte di esponenti dei centri sociali, è solo l'ultimo atto, in ordine di tempo, figlio della campagna di boicottaggio contro la Fiera internazionale del Libro di Torino che aprirà i battenti domani e che quest'anno ha come Paese ospite lo Stato di Israele, in occasione dei sessant'anni dalla sua fondazione.
La scelta dei responsabili, Ernesto Ferrero e Rolando Picchioni, di ospitare il Paese ebraico è stata da subito strumentalmente interpretata come un oltraggio alla causa palestinese. Da allora scrittori e intellettuali arabi, esponenti della politica e dalla cultura italiana, centri sociali e associazioni filopalestinesi, il Forum Palestina in testa, hanno deciso di opporsi alla manifestazione al grido, lanciato da Indymedia, di «Israele terrorizza i civili con i raid aerei. Boicotta e contesta la fiera dedicata a Israele». Boicottano e contestano una manifestazione che non si occuperà, la si condivida o no, della politica Israeliana ma della prolifica e preziosa produzione letteraria di quel piccolo Paese.
Ed ecco che in concomitanza con la Fiera del Libro ci sarà un fiorire di contro eventi. Primo tra tutti il convegno dall'eloquente titolo «Le democrazie occidentali e la pulizia etnica in Palestina», ospitato presso la facoltà di Scienze politiche dell'Università di Torino tra lunedì e martedì. Parteciperanno scrittori arabi ed europei tra cui gli accademici Gianni Vattimo, tra i promotori del boicottaggio (nel corso di questa trasmissione un esempio delle sue idee su Israele), Angelo D'Orsi e nientemeno che Tariq Ramadan uno dei massimi ideologi dell'islamismo fondamentalista molto vicino ad Hamas. A Tariq Ramadan, al contrario di quanto è successo a Benedetto XVI alla Sapienza, sarà consentito di parlare liberamente. Cadono nel vuoto anche le proteste dell'associazione Italia-Israele.
Per sabato 10 maggio è convocata invece la manifestazione che, da corso Marconi, dovrebbe raggiungere il Lingotto, dove si svolge la Fiera. La parola d'ordine sarà «Contestare chi, dal Presidente della Repubblica alle autorità nazionali e locali, non ha mai messo in discussione in questi anni l'alleanza strategica con lo stato di Israele».
Già, perché il Capo dello Stato domattina inaugurerà i padiglioni e lo farà, stando alle ultime notizie, a causa delle polemiche, in un'atmosfera surreale: a porte chiuse, senza pubblico, incontrando solo le autorità e un numero limitato di studenti, il tutto in meno di un'ora.
Le misure di sicurezza saranno imponenti per tutta la durata della Fiera e, nonostante gli organizzatori parlino di espositori in aumento e numero dei dibattiti e dei relatori da record, la manifestazione rischia di non svolgersi nel consueto clima di serenità che l'ha contraddistinta nelle precedenti edizioni. Il tutto a causa dell'invito rivolto agli scrittori israeliani di venire a parlare di libri.
La vicenda del boicottaggio contro la Fiera del Libro è per certi versi l'origine ed insieme il naturale sbocco di una autentica fiammata antisemita che sta investendo da mesi il nostro Paese e che non riguarda solo la profanazione delle tombe ebraiche o le scritte inneggianti al Duce o a Hitler, ma anche questioni più complesse.
La pubblicazione su un blog di una “black list” di 162 professori universitari ebrei o presunti tali, accusati di fare parte di una lobby sionista, ricorda da vicino l'epurazione nelle accademie del 1938. Le frasi antisemite scritte sulle pareti degli uffici di accademici ebrei, l'attacco al sito internet della casa editrice Lindau, le scritte nere sui muri del Lingotto contro Israele, sono tutti esempi di un attacco che prende di mira direttamente la cultura ebraica.
Quello che più deve indurre ad una riflessione è che questi gesti non sono soltanto il frutto di pochi sparuti ignoranti antisemiti, ma traggono la propria legittimazione politica da iniziative come il boicottaggio della Fiera del Libro di Torino condivise e promosse dal mondo intellettuale di una certa sinistra.
Quando si sostiene che l'attacco alle Twin Towers sia stato il frutto di una cospirazione giudaico-americana (Zero. Perchè la versione ufficiale sull'11 settembre è un falso); quando ci si indigna per il presunto mancato rispetto dei diritti umani da parte di Israele nei confronti dei palestinesi e, allo stesso tempo, si tace per la vera violazione dei diritti umani nella Cina delle Olimpiadi che finanzia il genocidio in Darfur, o di quella della giunta militare del Myanmar che lascia morire il popolo birmano; quando si sostiene che nel 1948 lo Stato di Israele poteva essere costituito nelle Alpi sud tirolesi, avallando esplicitamente le parole di Ahmadinejad, di Hamas, di Hezbollah sulla cancellazione di Israele; quando ci si fa promotori del dialogo nei confronti di costoro; quando ci si concentra nella distinzione tra gli ebrei e lo Stato di Israele e tra lo Stato di Israele e i suoi governi, sostenendo che l'Israele migliore è sempre quella non disponibile in quel momento, vuol dire che si è ancora vittime di un pregiudizio. Vuol dire che Israele è ancora visto, in ossequio alla concezione sovietica, come la propaggine del male assoluto rappresentato dal capitalismo americano; vuol dire che, come dicevo all'inizio, si spaccia per antisionismo un antisemitismo pratico teso a delegittimare l'esistenza stessa di Israele.
Lo Stato di Israele è nato per volere delle Nazioni Unite nel 1948, dopo la Shoah e per porre fine alla diaspora. Da allora è sempre stato pronto a condividere il territorio spartito dall'Onu e a cedere terra in cambio di pace. Da allora subisce il rifiuto sistematico di ogni proposta di soluzione del conflitto e l'attacco dei terroristi che usano la popolazione civile come scudo (anche i fatti accaduti negli ultimi giorni a Gaza lo dimostrano) e da cui è costretto a difendersi. E' emblematica la vicenda della Striscia di Gaza, sgomberata da Israele, resa oggetto della guerra civile palestinese tra Fatah e Hamas, conquistata da Hamas a costo di massacrare e affamare la propria popolazione, e resa “rampa di lancio” dei missili che oggi assediano la popolazione israeliana.
Di tutto questo coloro che boicottano la Fiera del Libro di Torino perché ospita gli scrittori israeliani, non parlano. Preferiscono dipingere l'unica democrazia compiuta del Medio Oriente, come una banda di usurpatori, persecutori e assassini non curanti del fatto che chi attacca Israele, chi lo mette in discussione, attacca i valori dell'Occidente perché, che piaccia o no, Israele siamo noi.
Elie Wiesel, scrittore, testimone della Shoah e premio Nobel per la pace, ha commentato “chi brucia le bandiere sparge odio, porta a bruciare i libri ed a legittimare chi brucia le persone, offende i simboli di popoli e di fedi e dovrebbe essere punito dalla legge”.
L'incendio delle bandiere con la Stella di David da parte di esponenti dei centri sociali, è solo l'ultimo atto, in ordine di tempo, figlio della campagna di boicottaggio contro la Fiera internazionale del Libro di Torino che aprirà i battenti domani e che quest'anno ha come Paese ospite lo Stato di Israele, in occasione dei sessant'anni dalla sua fondazione.
La scelta dei responsabili, Ernesto Ferrero e Rolando Picchioni, di ospitare il Paese ebraico è stata da subito strumentalmente interpretata come un oltraggio alla causa palestinese. Da allora scrittori e intellettuali arabi, esponenti della politica e dalla cultura italiana, centri sociali e associazioni filopalestinesi, il Forum Palestina in testa, hanno deciso di opporsi alla manifestazione al grido, lanciato da Indymedia, di «Israele terrorizza i civili con i raid aerei. Boicotta e contesta la fiera dedicata a Israele». Boicottano e contestano una manifestazione che non si occuperà, la si condivida o no, della politica Israeliana ma della prolifica e preziosa produzione letteraria di quel piccolo Paese.
Ed ecco che in concomitanza con la Fiera del Libro ci sarà un fiorire di contro eventi. Primo tra tutti il convegno dall'eloquente titolo «Le democrazie occidentali e la pulizia etnica in Palestina», ospitato presso la facoltà di Scienze politiche dell'Università di Torino tra lunedì e martedì. Parteciperanno scrittori arabi ed europei tra cui gli accademici Gianni Vattimo, tra i promotori del boicottaggio (nel corso di questa trasmissione un esempio delle sue idee su Israele), Angelo D'Orsi e nientemeno che Tariq Ramadan uno dei massimi ideologi dell'islamismo fondamentalista molto vicino ad Hamas. A Tariq Ramadan, al contrario di quanto è successo a Benedetto XVI alla Sapienza, sarà consentito di parlare liberamente. Cadono nel vuoto anche le proteste dell'associazione Italia-Israele.
Per sabato 10 maggio è convocata invece la manifestazione che, da corso Marconi, dovrebbe raggiungere il Lingotto, dove si svolge la Fiera. La parola d'ordine sarà «Contestare chi, dal Presidente della Repubblica alle autorità nazionali e locali, non ha mai messo in discussione in questi anni l'alleanza strategica con lo stato di Israele».
Già, perché il Capo dello Stato domattina inaugurerà i padiglioni e lo farà, stando alle ultime notizie, a causa delle polemiche, in un'atmosfera surreale: a porte chiuse, senza pubblico, incontrando solo le autorità e un numero limitato di studenti, il tutto in meno di un'ora.
Le misure di sicurezza saranno imponenti per tutta la durata della Fiera e, nonostante gli organizzatori parlino di espositori in aumento e numero dei dibattiti e dei relatori da record, la manifestazione rischia di non svolgersi nel consueto clima di serenità che l'ha contraddistinta nelle precedenti edizioni. Il tutto a causa dell'invito rivolto agli scrittori israeliani di venire a parlare di libri.
La vicenda del boicottaggio contro la Fiera del Libro è per certi versi l'origine ed insieme il naturale sbocco di una autentica fiammata antisemita che sta investendo da mesi il nostro Paese e che non riguarda solo la profanazione delle tombe ebraiche o le scritte inneggianti al Duce o a Hitler, ma anche questioni più complesse.
La pubblicazione su un blog di una “black list” di 162 professori universitari ebrei o presunti tali, accusati di fare parte di una lobby sionista, ricorda da vicino l'epurazione nelle accademie del 1938. Le frasi antisemite scritte sulle pareti degli uffici di accademici ebrei, l'attacco al sito internet della casa editrice Lindau, le scritte nere sui muri del Lingotto contro Israele, sono tutti esempi di un attacco che prende di mira direttamente la cultura ebraica.
Quello che più deve indurre ad una riflessione è che questi gesti non sono soltanto il frutto di pochi sparuti ignoranti antisemiti, ma traggono la propria legittimazione politica da iniziative come il boicottaggio della Fiera del Libro di Torino condivise e promosse dal mondo intellettuale di una certa sinistra.
Quando si sostiene che l'attacco alle Twin Towers sia stato il frutto di una cospirazione giudaico-americana (Zero. Perchè la versione ufficiale sull'11 settembre è un falso); quando ci si indigna per il presunto mancato rispetto dei diritti umani da parte di Israele nei confronti dei palestinesi e, allo stesso tempo, si tace per la vera violazione dei diritti umani nella Cina delle Olimpiadi che finanzia il genocidio in Darfur, o di quella della giunta militare del Myanmar che lascia morire il popolo birmano; quando si sostiene che nel 1948 lo Stato di Israele poteva essere costituito nelle Alpi sud tirolesi, avallando esplicitamente le parole di Ahmadinejad, di Hamas, di Hezbollah sulla cancellazione di Israele; quando ci si fa promotori del dialogo nei confronti di costoro; quando ci si concentra nella distinzione tra gli ebrei e lo Stato di Israele e tra lo Stato di Israele e i suoi governi, sostenendo che l'Israele migliore è sempre quella non disponibile in quel momento, vuol dire che si è ancora vittime di un pregiudizio. Vuol dire che Israele è ancora visto, in ossequio alla concezione sovietica, come la propaggine del male assoluto rappresentato dal capitalismo americano; vuol dire che, come dicevo all'inizio, si spaccia per antisionismo un antisemitismo pratico teso a delegittimare l'esistenza stessa di Israele.
Lo Stato di Israele è nato per volere delle Nazioni Unite nel 1948, dopo la Shoah e per porre fine alla diaspora. Da allora è sempre stato pronto a condividere il territorio spartito dall'Onu e a cedere terra in cambio di pace. Da allora subisce il rifiuto sistematico di ogni proposta di soluzione del conflitto e l'attacco dei terroristi che usano la popolazione civile come scudo (anche i fatti accaduti negli ultimi giorni a Gaza lo dimostrano) e da cui è costretto a difendersi. E' emblematica la vicenda della Striscia di Gaza, sgomberata da Israele, resa oggetto della guerra civile palestinese tra Fatah e Hamas, conquistata da Hamas a costo di massacrare e affamare la propria popolazione, e resa “rampa di lancio” dei missili che oggi assediano la popolazione israeliana.
Di tutto questo coloro che boicottano la Fiera del Libro di Torino perché ospita gli scrittori israeliani, non parlano. Preferiscono dipingere l'unica democrazia compiuta del Medio Oriente, come una banda di usurpatori, persecutori e assassini non curanti del fatto che chi attacca Israele, chi lo mette in discussione, attacca i valori dell'Occidente perché, che piaccia o no, Israele siamo noi.
Qui di seguito due interessanti articoli:
sul rapporto tra Occidente e ebrei, da La biblioteca di Garlasco, Quella lunga storia del complotto ebraico;
sulla sinistra e l'antisemitismo, da L'Occidentale, La sinistra non è immune dall'antisemitismo, Intervista a David Meghnagi di Dimitri Buffa.
Segnalo su tutte le tematiche riguardanti Israele, il Medio Oriente e l'antisemitismo,
2 commenti:
Le due vicende non possono essere paragonate
Infatti. Come poi Fini sia riuscito a decretare che una e' piu' grave dell'altra senza paragonarle e' uno dei miracoli della politica.
Fini ha semplicemente detto che un atto teppistico di atroce gravità, non può essere paragonato ad un atto politico di delegittimazione e di odio verso uno Stato ed un popolo.
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