mercoledì 5 novembre 2008

L'America cambia. Barack Hussein Obama è il 44° presidente degli Stati Uniti. Onore al vecchio John

Il candidato democratico si impone conquistando 349 grandi elettori contro i 163 di McCain. La differenza in termini di voti è di 4 milioni, 53 per Obama, 49 per McCain. La Florida e l'Ohio, i due Stati che avevano determinato la vittoria di Bush nel 2000 e nel 2004, hanno scelto il senatore dell'Illinois. Crollano le roccaforti repubblicane di Colorado, Nevada, New Mexico e Virginia che non si pronunciava a favore di un democratico dal 1964. L'avanzata azzurra, il colore del partito di Obama, riguarda anche Camera dei rappresentati e Senato dove però la maggioranza non sarà al riparo dal possibile ostruzionismo repubblicano. La sfida dei governatori finisce 7 a 4 per i democratici. Hanno votato più del 64% degli aventi diritto, il dato più alto degli ultimi 44 anni.
Qui la traduzione in italiano del discorso di Phoenix nel quale John McCain ha riconosciuto la sconfitta, qui quello della storica vittoria di Barack Obama anch'esso tradotto in italiano. Entrambi gli interventi possono essere riascoltati nei video qui sotto.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Forse più che mai, la vittoria di un democratico è stata la cosa migliore che potesse accadere dal punto di vista macroeconomico. In effetti, come brillantemente spiegato ieri sera a "Ballarò" da un esimio economista italo-USA Dominik Salvatore nonchè dal nostro preparatissimo on. Martino, la politica economica di Obama (progressista) tenderà ad aumentare il potere d'acquisto delle fasce medio basse di reddito che destineranno prioritariamente tale disponibilità alla copertura dei costi per la sopravvivenza (e non più di tanto). In tal modo, sarà posto un tampone ad una crisi "domestico-familiare" che costringe la gente a stringere la cinghia. LA cinghia, pertanto, potrà essere allentata, aumenteranno i consumi, ma fino ad un certo punto. Lo sviluppo economico, però, richiede che le fasce alte di reddito (ricconi)effettuino investimenti nel risparmio (facendo funzionare meglio le banche anche a favore delle famiglie oltre che delle imprese) e nell'industria e servizi. Essi infatti, potendo abbondantemente coprire i propri esosi costi di sopravvivenza, hanno la naturale propensione a destinare le abbondanti eccedenze alle suddette formule d'investimento. Aumentando loro, in maniera spropositata le tasse, parte della loro ricchezza, trasferita allo Stato, non genererebbe ulteriore ricchezza ma verrebbe destinata al sovvenzionamento delle fasce medio basse di reddito.
Ci vorrebbe, pertanto una fase di start up by Obama (democratico) per non pù di 2 anni, e tre anni di McCain strategy.Mbà!

Anonimo ha detto...

C'è da aggiungere, senza togliere nulla alla vittoria di Obama che è da questa notte il 44° presidente degli Stati Uniti, che è stata proprio la crisi economica la migliore alleata di Obama e il peggior nemico del coraggioso McCain. Gli americani, sbrigativamente, hanno addebitato a Bush la colpa della crisi e a cascata l'hanno scaricata sulle spalle del candidato repubblicano. Ma a Ballarò, ieri sera, l'economista italo-americano Dominik Salvatore ha dimostrato come non fosse stato Bush a elogiare il sistema dei mutui che ha determinato la crisi ma proprio quelli che poi se ne sono detti feroci critici. Come al solito, in politica, e altrove, la calunnia la vince sulla verità. Ma solo per poco perchè, come la storia insegna, alla lunga la verità emerge e alla lunga la storia restiuirà a George Bush la dignità di presidente americano che in una fase storica eccezionale ha saputo tenere le redini del suo Paese. La stessa cosa che certamente farà Obama che passata la fase delle promesse dovrà affrontare la dura realtà quotidiana che vede l'America essere il difensore della libertà del mondo.

Anonimo ha detto...

Sono sempre più convinto che, come gergalmente enunciano i matematici, la democrazia esiste se e solo se esiste la meritocrazia. L'intensità della prima, inoltre, è strettamente proporzionale all'intensità della seconda.Ovvio, no!
Io, sono sincero, non conosco in maniera approfondita la storia di Obama ma, da quanto ho potuto apprendere questi giorni, il suo posto l'avrei potuto occupare anch'io, ergo (figlio di umili, non ricco), se solo avvessi avuto le doti intellettive del Presidente USA e fossi naturalmente suo compatriota. Dalle nostre parti Obama probabilmente non occuperebbe nemmeno il posto di bidello in una scuola (con tutto il rispetto per questa categoria di pubblici "lavoratori").
McCain, uno a cui mi affiderei in caso di necessità.Un eroe,... come tanti!Uno che però ha rifiutato di sfruttare, in una circostanza di vitale pericolo (prigionia in Vietnam), la posizione dominante della propria famiglia.
L'Italia: veramente triste!
Vorrei una parola di conforto!

Anonimo ha detto...

A ERGO: PER QUESTO L'AMERICA E' GRANDE, PERCHE' E' IL PAESE DOVE TUTTO E' POSSIBILE, DOVE CHIUNQUE PUO' DIVENIRE PRESIDENTE, DOVE A TUTTI E' DATA LA STESSA POSSIBILITA'. PER QUESTO LA VITTORIA DI OBAMA NON PUO' ESSERE LA VITTORIA DI CHI L'AMERICA LA ODIA PROPRIO PERCHE' LI' DEMOCRAZIA SI CONIUGA CON MERITOCRAZIA. MENO MALE CHE C'E' L'AMERICA CHE CI AIUTA A CREDERE CHE LA DEMOCRAZIA E' UNA FORMA DI GOVENRO POSSIBILE.