Veltroni assomiglia sempre più a Moriconi Ferdinando da Kansas City. Il Pd e la sinistra tutta sono in preda alla più folle ed irrazionale passione per Obama e guai a chi lo tocca. L'antiamericanismo? Non è mai esistito
Le avvisaglie di quello che sta accadendo le avevamo avute da tempo. Più o meno da quando nel 2000, da segretario dei Ds, il vecchio Walter usò il kennediano I care come slogan del congresso del Partito al Lingotto di Torino. Un altro furto eccellente si verificò a ridosso delle elezioni politiche di quest'anno quando l'annuncio da parte del Pd di correre da solo, o meglio male accompagnato, fu suggellato dallo scintillante Yes we can dell'allora senatore dell'Illinois Obama. Ora i democratici nostrani tentano il colpaccio, basta con gli slogan, adesso che è stato eletto Presidente degli Stati Uniti, vogliono lui, Obama in persona e cercano in tutti i modi di appropriarsene. Sono andati in ogni trasmissione televisiva a salutare con tanto di lucciconi il trionfo dell'"allievo" Barack, lo hanno festeggiato come uno di loro al Pantheon, Veltroni, col profilo da statista che lo contraddistingue, subito dopo la vittoria ha mandato un telegramma di congratulazioni all'eletto ma anche allo sconfitto, Concita De Gregorio ha rispolverato sull'Unità una vecchia foto nella quale l'ex sindaco di Roma posava tronfio accanto al senatore nero. Tutto per dimostrare che il vento è cambiato, la rivincita delle elezioni di aprile si è realizzata e Berlusconi è in piena crisi.
Fin qui eravamo di fronte ad uno scalcinato provincialismo al limite della tenerezza, alla malinconica euforia di chi, non potendo festeggiare le proprie, festeggia le vittorie altrui in aperta sfida al senso del ridicolo. Come deve esserci rimasto male il povero Walter alle parole del sindaco di Venezia Cacciari: “Il Partito Democratico non ha niente a che fare con Obama. Quando vedrò il Pd rinnovarsi, non dico a livello di presidenti, ma di consiglieri comunali, con qualche quarantenne in più, allora ne parleremo. Per quanta stima e affetto io abbia per Veltroni, è comico metterlo accanto a un evento di questa portata epocale”. Quanto deve aver sofferto quando gli hanno spiegato che il telegramma di Cossiga (“Caro Veltroni, ti invio le mie più vive congratulazioni per il grande successo ottenuto da te e dal Partito Democratico che oggi guidi con la elezione di Barack Obama alla Presidenza degli Stati Uniti, elezione alla quale hai certamente dato un contributo decisivo con la tua presenza negli Usa. Io penso che l'Italia avrà in futuro dalla Casa Bianca un ascolto, un molto maggiore ascolto, che non l'Italietta di Alcide De Gasperi e di quel 'partito di malaffare' che fu la Democrazia Cristiana, Ad maiora”) era sarcastico. Quanto si deve essere arrabbiato leggendo la dichiarazione nella quale quell'ingrato di Arturo Parisi diceva: “Meno male che abbiamo vinto in America, altrimenti ci sarebbe da spararsi. L’Abruzzo è difficile da riconquistare, ma l’Ohio è nostro”.
Ma fin qui dicevo, eravamo di fronte all'ammirazione, seppure smodata, infantile o fuori luogo, alla sola ed esclusiva ammirazione. Ad un certo punto quell'ammirazione si è trasformata in fanatismo, in vero e proprio delirio. Al senatore Gasparri che si interrogava sulle strategie antiterroristiche del nuovo Presidente, è stato risposto che metteva in pericolo le relazioni diplomatiche tra Italia e Stati Uniti, prima di tappezzare la capitale di manifesti con la sua foto e sotto di essa la scritta “Vergogna” a caratteri cubitali. Quando Berlusconi ha osato sfidare, con una battuta, lo stucchevole politically correct della sinistra, definendo Obama come bello, giovane e abbronzato, c'è stata una vera e propria insurrezione. Si è chiesto nientemeno che l'intervento dei Presidenti delle Camere e la dissociazione ufficiale dei Ministri dalle parole del Presidente del Consiglio. La stampa, Repubblica in testa, ha cavalcato la sterile polemica, insinuando che Obama avrebbe chiamato tutto il mondo tranne Berlusconi (la telefonata tra i due c'è poi stata ieri in tarda serata) e dando un risalto abnorme alla protesta di uno sparutissimo gruppo di militanti di sinistra che con la faccia dipinta di nero chiedevano scusa ad Obama e al popolo americano...
Tra questi uno che ostentava un cartello con la scritta “Why USA has Obama, and we have Berlusconi??”. A questo tizio, che si fa davvero fatica a non definire imbecille, bisognerebbe rispondere che gli USA hanno Obama, o meglio hanno Bush e avranno Obama dal 20 gennaio, per la stessa ragione per cui noi abbiamo Berlusconi e la ragione è che gli Stati Uniti e l'Italia sono due democrazie compiute. Nell'esercizio della democrazia, per volontà popolare, il 4 novembre negli Stati Uniti ha vinto Obama e McCain ha perso, il 12 e 13 aprile in Italia ha vinto Berlusconi e Veltroni ha perso.
Tuttavia, come molti hanno osservato, in questa isteria generale c'è da cogliere un dato positivo. La sinistra non è più antiamericana. Sono lontani i tempi in cui copriva di insulti il Presidente degli Stati Uniti senza che nessuno se ne indignasse, sono lontani i tempi in cui durante le manifestazioni venivano bruciate le bandiere a stelle e strisce. Adesso non resta che fargli capire che gli USA sono garanzia di democrazia e libertà indipendentemente dall'inquilino della Casa bianca, che lo sono non soltanto nei dieci giorni successivi all'elezione di un nuovo Presidente.
Come lo stesso John McCain ha riconosciuto, la vittoria di Barack Obama è una vittoria storica e non tanto perché si tratta del primo Presidente degli Stati Uniti afroamericano, ma perché Obama è il simbolo della straordinaria vitalità democratica del suo Paese dove un outsider (un outsider, non un vecchio boiardo di partito come Veltroni) è stato in grado di battere i Clinton, i Bush e i repubblicani e di connotarsi come un leader postpartisan, pronto cioè a collaborare con chiunque abbia a cuore il bene della Nazione al di là dell'appartenenza partitica. Ciò detto, Obama non è il messia e dovrà dimostrare sul campo di saper fronteggiare la crisi economica, di decidere in fretta sull'Iraq e sull'Afghanistan, di essere in generale all'altezza del suo ruolo e allontanare da sé lo spettro dell'oggettiva inesperienza.
In attesa che questo accada speriamo che la patetica cotta della sinistra italiana per Obama sbollisca in fretta e che Veltroni non ci resti troppo male quando, per caso, si imbatterà nell'immagine di Berlusconi che stringe la mano al nuovo Presidente USA durante il primo incontro ufficiale.
2 commenti:
Complimenti!
Che dire di più.....
Che la sinistra faccia opposizione sui temi e proponga valide alternative.
Un'opposizione debole indebolisce la democrazia.
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