
Il ministro più popolare in assoluto è il titolare del dicastero dell'Economia, Tremonti (62%), seguito dal ministro degli Esteri, Frattini e da quello della Funzione pubblica, Brunetta (entrambi al 61%). Al 60% sono il ministro dell'Interno, Maroni e quello del Welfare, Sacconi la cui fiducia cresce di 7 punti percentuali rispetto al mese scorso. Ma il vero balzo in avanti è proprio quello di Renato Brunetta: 16 punti percentuali in più in soli trenta giorni.
Già, Brunetta. Quello stesso Brunetta svillaneggiato qualche giorno fa dal deputato del Partito democratico, Furio Colombo. “Un mini-ministro che sta offrendo uno spettacolo comico” aveva detto in coda ad una conferenza stampa in un intervento schiumante livore e intolleranza. Sì perché, come ricordato da Filippo Facci sul Giornale, definire pubblicamente mini-ministro un ministro della Repubblica affetto da nanismo congenito non è propriamente il massimo della correttezza, e stride terribilmente con la tanto propagandata, naturale predilezione della sinistra per il politicamente corretto.
Con buona pace dell'ex direttore dell'Unità, di quel borioso censore, l'Italia, nella sua stragrande maggioranza, sembra non fare caso ai suoi grevi sproloqui e giudica i propri ministri per il loro operato e non per i difetti fisici.
Verrebbe da chiedersi, per dirla ancora con Facci, quanto durerà ancora la pazienza di chi invece le dichiarazioni di Colombo si dà la pena di leggerle, di chi lo sopporta come si sopporta una vecchia zia un pizzico rincoglionita che ogni volta pretende di sbraitare a piacimento sorseggiando un tè da porcellane di Limoges.


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