I principi in base ai quali si sarebbe mosso il neoministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, sono stati chiari fin da subito. Fin dalla soluzione della questione relativa ai corsi di recupero. Il Consiglio di Stato aveva respinto il ricorso presentato dai Cobas della scuola contro il decreto Fioroni che istituiva i corsi di recupero del debito scolastico. Solo un nuovo decreto ministeriale avrebbe potuto rimetterli in discussione. Il nuovo decreto non c'è stato e il ministro Gelmini, in ossequio a quanto disposto dal suo predecessore, ha ribadito che i debiti devono essere saldati entro il 31 agosto. Un primo importante esempio di rispetto del criterio meritocratico e della continuità.
"Il merito non è una fonte di disuguaglianza, ma al contrario uno strumento per garantire pari opportunità, e dunque la più alta forma di democrazia”. Davanti alla commissione Cultura della Camera il ministro Gelmini cita il guru della consulenza aziendale, Roger Abravanel, per descrivere la sua idea di scuola basata su merito, valutazione e autonomia che scardini l'attuale sistema "mediocre nell'erogazione dei compensi, nei risultati, nelle speranze".
Parla di adeguamento degli stipendi degli insegnanti alla media Ocse (40 mila euro all'anno contro i 27.500 che un professore di scuola secondaria superiore, dopo 15 anni di insegnamento, guadagna nel nostro Paese) facendo riferimento al rispetto del piano disposto dal precedente governo che prevedeva il taglio di 47 mila unità fino al 2011 e, in generale, alla gestione intelligente del turn-over, unica concreta possibilità per garantire aumenti degli stipendi e al contempo una riduzione della spesa corrente che accresca il livello degli investimenti nella scuola (attualmente il 95% dei fondi stanziati per il settore viene impiegato per il pagamento delle retribuzioni).
Il rafforzamento dell'autonomia amministrativa; la “quarta I” dell'italiano al centro dell'attività didattica; il giro di vite nei confronti del bullismo; la valutazione, mediante criteri certi, di insegnati ed istituti; l'apertura alla concreta libertà di scelta tra le scuole statali e quelle non statali; l'istituzione di un percorso che segni gli avanzamenti di carriera per i docenti, sono tutti punti qualificanti di un programma che non porterà all'ennesima legge di sistema, all'ennesima riforma della scuola, bensì al consolidamento dei criteri della buona amministrazione e della semplificazione. La Gelmini ha proposto l'introduzione di modifiche legislative solo strettamente necessarie e la sistematizzazione dei progressi introdotti dai suoi predecessori.
Sembra essere partita davvero col piede giusto la nuova inquilina di Palazzo della Minerva ma il suo compito non sarà facile. Tutt'altro.
I giornali parlano di una scuola che tra vandalismo e pestaggi finiti su YouTube risulta sempre più fuori controllo, le pure discutibili graduatorie Ocse-Pisa (Programme for international student assessment), relegano gli studenti italiani nelle ultime posizioni.
Lo strapotere sindacale, l'utilizzo della scuola come bacino di consenso l'hanno trasformata in una sorta di ufficio di collocamento dove le solite infornate di precari avvengono senza nessuna selezione meritocratica e solo sulla base dell'anzianità e della permanenza nelle graduatorie. Il risultato è una classe insegnante meno preparata, demotivata e sottopagata che aumenta numericamente, nonostante il calo del numero degli studenti per ragioni demografiche, e che costa ai cittadini dal 20 al 40% in più rispetto alla Germania.
L'assenza di disciplina e di rigore, le mancate penalizzazioni per chi accumula debiti formativi e, sul fronte contenutistico, la qualità sempre più approssimativa e scadente dei programmi e dei libri di testo completano un quadro a tinte più che fosche.
Giorgio Israel, professore ordinario presso il dipartimento di matematica dell'Università La Sapienza di Roma, dal suo blog e dalle pagine dell'Occidentale, lancia l'allarme contro quello che definisce il blocco sindacale-burocratico-pedagogista che, su più versanti, è all'origine di tutti i mali della scuola.
Israel invita il ministro Gelmini a diffidare di coloro che nel corso degli ultimi anni hanno consentito che l'attenzione si spostasse sempre più dai contenuti alle tecniche di apprendimento, di insegnamento e di relazione didattica. Si scaglia contro quella pletora di pedagogisti che, a costi esorbitanti a carico della collettività, ha teorizzato che l'insegnamento delle singole materie fosse superato, che bisognava prediligere l'educazione, la formazione globale. Che quello che conta non sono le discipline ma le competenze. Che l'insegnante non è affatto colui che insegna ma una guida, un facilitatore, un accompagnatore. Che bisogna evitare tutto ciò che può essere traumatico per la psicologia degli allievi, dalla disciplina, ai voti negativi, al dovere di recuperare le lacune accumulate. Che vede la scuola come mera “agenzia educativa”. Che determina il trionfo delle metodologie e delle procedure sui contenuti che diventano un fatto sostanzialmente trascurabile.
Secondo Israel questo ciarpame ideologico ha avvelenato la scuola e ha grandi responsabilità nell'averla portata nella condizione in cui è. Per Israel urge un fiero ritorno al passato, un'autentica restaurazione: “Basta consultare i programmi di matematica indiani per rendersi conto che gli studenti di quel Paese sono avanti di tre anni rispetto ai nostri, semplicemente perché studiano la matematica come facevamo noi trent’anni fa.” La soluzione è quella proposta dal Gruppo di Firenze firmatario dell'Appello per la scuola del merito e della responsabilità: meno insegnanti, meglio pagati e più gratificati, che svolgano la loro funzione educativa ai massimi livelli e il cui operato sia sottoposto a verifica. Studenti soggetti al ferreo rispetto delle regole legate all'attività didattica e al comportamento civile. Una scuola dove al centro ci siano i contenuti, le discipline, le materie e non le metodologie. Una scuola dove il rapporto tra insegnanti e allievi si basi sulla trasmissione delle conoscenze e non sulla mera prestazione di un servizio.
Al di là dell'esplicita citazione dell'appello del Gruppo di Firenze nella sua relazione, il ministro Gelmini pare aver sottoscritto pienamente questi principi che fanno appello a quel buon senso, spesso tragicamente smarrito e che non possiamo tardare a ritrovare, pena l'irreversibile declino di un settore strategico per la competitività del Paese.
Sulle tematiche affrontate in questo post:
Giorgio Israel, Chi sono i nemici della scienza? Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza, Lindau - collana I Draghi.
Lucio Russo, Segmenti e bastoncini. Dove sta andando la scuola?, Feltrinelli - collana Universale economica.
Da Otto e mezzo – La7, I nemici della scienza.
"Il merito non è una fonte di disuguaglianza, ma al contrario uno strumento per garantire pari opportunità, e dunque la più alta forma di democrazia”. Davanti alla commissione Cultura della Camera il ministro Gelmini cita il guru della consulenza aziendale, Roger Abravanel, per descrivere la sua idea di scuola basata su merito, valutazione e autonomia che scardini l'attuale sistema "mediocre nell'erogazione dei compensi, nei risultati, nelle speranze".
Parla di adeguamento degli stipendi degli insegnanti alla media Ocse (40 mila euro all'anno contro i 27.500 che un professore di scuola secondaria superiore, dopo 15 anni di insegnamento, guadagna nel nostro Paese) facendo riferimento al rispetto del piano disposto dal precedente governo che prevedeva il taglio di 47 mila unità fino al 2011 e, in generale, alla gestione intelligente del turn-over, unica concreta possibilità per garantire aumenti degli stipendi e al contempo una riduzione della spesa corrente che accresca il livello degli investimenti nella scuola (attualmente il 95% dei fondi stanziati per il settore viene impiegato per il pagamento delle retribuzioni).
Il rafforzamento dell'autonomia amministrativa; la “quarta I” dell'italiano al centro dell'attività didattica; il giro di vite nei confronti del bullismo; la valutazione, mediante criteri certi, di insegnati ed istituti; l'apertura alla concreta libertà di scelta tra le scuole statali e quelle non statali; l'istituzione di un percorso che segni gli avanzamenti di carriera per i docenti, sono tutti punti qualificanti di un programma che non porterà all'ennesima legge di sistema, all'ennesima riforma della scuola, bensì al consolidamento dei criteri della buona amministrazione e della semplificazione. La Gelmini ha proposto l'introduzione di modifiche legislative solo strettamente necessarie e la sistematizzazione dei progressi introdotti dai suoi predecessori.
Sembra essere partita davvero col piede giusto la nuova inquilina di Palazzo della Minerva ma il suo compito non sarà facile. Tutt'altro.
I giornali parlano di una scuola che tra vandalismo e pestaggi finiti su YouTube risulta sempre più fuori controllo, le pure discutibili graduatorie Ocse-Pisa (Programme for international student assessment), relegano gli studenti italiani nelle ultime posizioni.
Lo strapotere sindacale, l'utilizzo della scuola come bacino di consenso l'hanno trasformata in una sorta di ufficio di collocamento dove le solite infornate di precari avvengono senza nessuna selezione meritocratica e solo sulla base dell'anzianità e della permanenza nelle graduatorie. Il risultato è una classe insegnante meno preparata, demotivata e sottopagata che aumenta numericamente, nonostante il calo del numero degli studenti per ragioni demografiche, e che costa ai cittadini dal 20 al 40% in più rispetto alla Germania.
L'assenza di disciplina e di rigore, le mancate penalizzazioni per chi accumula debiti formativi e, sul fronte contenutistico, la qualità sempre più approssimativa e scadente dei programmi e dei libri di testo completano un quadro a tinte più che fosche.
Giorgio Israel, professore ordinario presso il dipartimento di matematica dell'Università La Sapienza di Roma, dal suo blog e dalle pagine dell'Occidentale, lancia l'allarme contro quello che definisce il blocco sindacale-burocratico-pedagogista che, su più versanti, è all'origine di tutti i mali della scuola.
Israel invita il ministro Gelmini a diffidare di coloro che nel corso degli ultimi anni hanno consentito che l'attenzione si spostasse sempre più dai contenuti alle tecniche di apprendimento, di insegnamento e di relazione didattica. Si scaglia contro quella pletora di pedagogisti che, a costi esorbitanti a carico della collettività, ha teorizzato che l'insegnamento delle singole materie fosse superato, che bisognava prediligere l'educazione, la formazione globale. Che quello che conta non sono le discipline ma le competenze. Che l'insegnante non è affatto colui che insegna ma una guida, un facilitatore, un accompagnatore. Che bisogna evitare tutto ciò che può essere traumatico per la psicologia degli allievi, dalla disciplina, ai voti negativi, al dovere di recuperare le lacune accumulate. Che vede la scuola come mera “agenzia educativa”. Che determina il trionfo delle metodologie e delle procedure sui contenuti che diventano un fatto sostanzialmente trascurabile.
Secondo Israel questo ciarpame ideologico ha avvelenato la scuola e ha grandi responsabilità nell'averla portata nella condizione in cui è. Per Israel urge un fiero ritorno al passato, un'autentica restaurazione: “Basta consultare i programmi di matematica indiani per rendersi conto che gli studenti di quel Paese sono avanti di tre anni rispetto ai nostri, semplicemente perché studiano la matematica come facevamo noi trent’anni fa.” La soluzione è quella proposta dal Gruppo di Firenze firmatario dell'Appello per la scuola del merito e della responsabilità: meno insegnanti, meglio pagati e più gratificati, che svolgano la loro funzione educativa ai massimi livelli e il cui operato sia sottoposto a verifica. Studenti soggetti al ferreo rispetto delle regole legate all'attività didattica e al comportamento civile. Una scuola dove al centro ci siano i contenuti, le discipline, le materie e non le metodologie. Una scuola dove il rapporto tra insegnanti e allievi si basi sulla trasmissione delle conoscenze e non sulla mera prestazione di un servizio.
Al di là dell'esplicita citazione dell'appello del Gruppo di Firenze nella sua relazione, il ministro Gelmini pare aver sottoscritto pienamente questi principi che fanno appello a quel buon senso, spesso tragicamente smarrito e che non possiamo tardare a ritrovare, pena l'irreversibile declino di un settore strategico per la competitività del Paese.
Sulle tematiche affrontate in questo post:
Giorgio Israel, Chi sono i nemici della scienza? Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza, Lindau - collana I Draghi.
Lucio Russo, Segmenti e bastoncini. Dove sta andando la scuola?, Feltrinelli - collana Universale economica.
Da Otto e mezzo – La7, I nemici della scienza.
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