Già nel 1944 Zara fu abbandonata a seguito dei bombardamenti anglo-americani. Nell'immediato dopoguerra, nella città di Fiume, stabilmente occupata dagli jugoslavi dalla primavera del 1945, si attuò una politica di espropri, arresti e uccisioni nei confronti degli italiani che portò alle prime partenze di massa nel 1946. Stessa situazione a Pola dove, dopo il 1947, alla partenza delle truppe alleate, le due posizioni presenti tra gli italiani, quella comunista fortemente minoritaria favorevole all'annessione, e quella invece contraria alla soluzione jugoslava, finirono per compattarsi di fronte ai caratteri più nazionali che ideologici che animavano il partito comunista croato. Dopo l'approvazione del trattato di pace, che stabiliva la cessione del capoluogo istriano alla Jugoslavia, gli italiani decisero di abbandonare in blocco la città e vennero evacuati via mare. Più lento ma non meno doloroso fu il processo di svuotamento che interessò l'Istria orientale, meridionale e nord-occidentale.
Il trattato di Parigi, entrato in vigore il 15 settembre 1947, assegnava alla Jugoslavia la quasi totalità della Venezia Giulia ad eccezione della parte meridionale della provincia di Gorizia, che rimase sotto il controllo dell'Italia, e di quella del Territorio libero di Trieste che avrebbe dovuto costituire uno stato autonomo ma che di fatto fu subito diviso in due zone, una zona A (Trieste), amministrata da un governo militare alleato, e una zona B (Capodistria) sotto il controllo jugoslavo. Nel 1954 il memorandum di Londra chiude di fatto la questione confinaria che verrà poi sanzionata nel trattato di Osimo del 1975: la zona A passa definitivamente sotto il controllo dell'Italia, la zona B viene assegnata alla Jugoslavia. Il passaggio definitivo della zona B al controllo di Tito provocò un'accelerazione nei processi migratori al punto tale che, nel giro di un anno dal memorandum, della comunità italiana non ci fu più traccia.
Le Foibe e il disegno di espulsione degli italiani dall'Istria furono parti diverse di un unico progetto di distruzione dell'Italianità che per molto tempo parve non interessare l'Italia. Il trattato di pace, che imponeva al nostro Paese il pagamento di 125 milioni di dollari per l'aggressione del 1941, prevedeva che la Jugoslavia avesse diritto di incamerare l'Istria con tutte le opere pubbliche dello Stato, mentre le proprietà private rimanevano tali. Nonostante questo, a seguito dell'esodo, le proprietà degli esuli istriani vennero requisite, valutate 72 milioni di dollari e portate in detrazione al debito. Gli esuli istriani pagarono per un debito che gravava sull'intera nazione. Il ringraziamento da parte dell'Italia fu esemplare. Il Partito comunista italiano bollò i profughi come fascisti che, solo perché tali, fuggivano dall'ideale comunista che si era concretizzato in Jugoslavia. De Gasperi, al governo con Togliatti, non seppe, forse non poté, fare di meglio che affidare l'ufficio assistenza ai campi profughi del ministero degli interni al sottosegretario Sereni, comunista. La popolazione non riservò accoglienza migliore a quelle che erano viste come altre bocche da sfamare. La dispersione di gran parte degli esuli istriani nel mondo fu quindi una scelta obbligata.
Ancora oggi a parlare di indennizzo per gli esuli è in solitudine il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza che in occasione del Giorno del Ricordo ha esortato lo Stato ad adottare un provvedimento in questa direzione. Le istituzioni italiane, anche le più alte, dovrebbero sapere che la memoria condivisa di un Paese si costruisce soprattutto mediante atti concreti e non solo con le sacrosante ancorché tardive parole di prammatica.
Così si presentavano i confini tra Italia e Jugoslavia a seguito del memorandum di Londra. Fonte: Millenovecento, mensile di storia contemporanea, n.5 - marzo 2003, pag. 30
Piccola bibliografia:
Amedeo Colella. L'esodo dalle terre adriatiche. Rilevazioni statistiche. Edizioni Opera per Profughi
Cristiana Colummi, Liliana Ferrari, Gianna Nassisi, Germano Trani, Storia di un esodo. Istria 1945-1956, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione del Friuli Venezia Giulia
a cura di Marina Cataruzza, Marco Dogo, Raoul Pupo, Esodi. Spostamenti forzati di popolazioni nel novecento europeo, Edizioni scientifiche italiane
Raoul Pupo, Gli esodi e la realtà politica del dopoguerra in Storia delle regioni d'Italia. Friuli Venezia Giulia, Einaudi
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1 commento:
Nella storia ci sono stati tanti orrori per cui i responsabili alla fine hanno pagato. Ci sono state ammissioni di colpa da parte di chi oggi è l'erede ideologico di chi ha sbagliato. Ma questo non è vero per le foibe. Dopo 50 anni di vergognoso silenzio in cui si è nascosta la cenere sotto il tappeto, non ci si prende ancora la responsabilità morale di quanto accaduto.
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