Mentre l'Italia segue la noia mortale di questa crisi di governo senza uscita che si trascina ormai da due settimane, gli Stati Uniti si apprestano a passare dal trionfo dei New York Giants nel Super Bowl all'avvincente sfida del super tuesday. Saranno oltre 20 gli Stati impegnati nelle consultazioni di domani, un appuntamento che imprimerà una svolta decisiva alla corsa verso la nomination in entrambi i partiti.
Intanto un vincitore ufficiale di questa campagna per le presidenziali 2008 c'è già ed è la rete. Non si tratta solo delle curve di Amber Lee che fa il suo sexy endorsement per Obama o delle lacrime della Clinton o di suo marito sorpreso a dormire durante una cerimonia per Martin Luther King, internet ha svolto un ruolo importante per la raccolta fondi dei candidati e offre canali di informazione completi in grado di monitorarne i programmi e di guidare gli utenti nel complesso calendario di caucus e primarie (You Tube, CNN, The Politico, ecc.). Un ruolo del tutto nuovo di sostegno e di informazione è svolto dalla blogosfera verso la quale i candidati manifestano una attenzione particolare del tutto ricambiata. Mi piace segnalare due casi, quello della 23enne Meghan McCain, che, per rilanciare l'immagine di papà John, il più anziano candidato con chance di vittoria, tiene un diario della campagna elettorale rivolto ai giovani, e quello del candidato libertario Ron Paul che spopola sul web ottenendo consensi virtuali inversamente proporzionali a quelli delle urne. Solo in Italia Paul può contare su ben due community di bloggers (Italiani per Ron Paul e Italian bloggers for Ron Paul). Mai come in questa campagna elettorale internet sta avendo e avrà importanza per la creazione del consenso.
Mi ero fermato alla vigilia delle primarie democratiche in South Carolina ma prima di dare uno sguardo ai risultati ci sono da registrare due defezioni minori (di quelle “maggiori” dirò tra poco), quella di Duncan Hunter in campo repubblicano e quella di Dennis Kucinich tra i democratici. Avevo anche parlato dei caucus del GOP in Louisiana che, in un clima di totale noncuranza da parte della stampa e di confusione nella determinazione del risultato, hanno visto McCain prevalere su Paul.
Com'era prevedibile la partita del South Carolina si è chiusa a favore di Barack Obama che con il 55,4% dei consensi ha doppiato la Clinton ferma al 26,5%, terzo come al solito Edwards che raccoglie meno del 18%. Il senatore dell'Illinois ha vinto conquistando il voto degli afroamericani, di un quarto dell'elettorato bianco, delle donne e di tutte le fasce di età fino ai 64 anni. Come se non bastasse il trionfo elettorale, all'indomani delle consultazioni in South Carolina, Obama ha incassato l'endorsement dei Kennedy.
E mentre a Columbia il senatore nero festeggiava, sul fronte repubblicano si stava per combattere la decisiva battaglia della Florida. Se già i sondaggi avevano lasciato pochi spiragli alla vittoria di Giuliani nel Sunshine State, gli appoggi del popolare governatore Charlie Crist prima, e del senatore Mel Martinez rappresentante della numerosa comunità cubana poi, in favore di McCain, hanno inferto il colpo mortale alla corsa verso la Casa bianca dell'ex sindaco di New York. E' finita con McCain al 36%, Romney al 31% e Giuliani al 15%, un solo punto sopra Huckabee che in Florida non ha praticamente fatto campagna elettorale. Arrivando primo, il senatore dell'Arizona conquista tutti i 57 delegati, l'elettorato che gli ha garantito la vittoria è formato dagli over 60, dai cubano-americani di Miami e dai militari e veterani. Si conclude così, alla prima tappa, l'avventura di Rudy Giuliani. “From Hero to Zero” titolano impietosamente tutti i giornali che si lanciano nel gioco della caccia all'errore, dalla squadra scelta per la campagna elettorale fino alla fallimentare strategia dei grandi Stati. Giuliani ha subito deciso di appoggiare McCain che dopo aver incassato gli endorsement del governatore della California Schwarzenegger e di quello del Texas Perry, in vista del super tuesday, sembra aver sbloccato la situazione di incertezza nel GOP e appare proiettato verso la conquista della nomination nonostante la sua fama di repubblicano atipico. Romney permettendo. Le quotazioni di Huckabee sono in netto ribasso, punterà ad ottenere il maggior numero di delegati negli Stati del sud.
La Florida per i democratici è stata una tappa simbolica in quanto i vertici del partito hanno deciso di non assegnare nessun delegato allo Stato come sanzione per aver anticipato la data delle primarie. La Clinton è giunta prima con il 50% seguita da Obama (33%) e da Edwards (14%). La prima sorpresa di questa consultazione è arrivata però con l'uscita di scena proprio di John Edwards che non si pronuncia su chi appoggerà lasciando sul campo un'eredità ambita dai due contendenti rimasti, la seconda sorpresa potrebbe essere la richiesta di riammissione dei delegati della Florida alla convention di Denver da parte della Clinton che, forte di un'affluenza record nello Stato, punta a far valere la propria vittoria.
L'ultima consultazione in ordine di tempo è stato il caucus repubblicano nel Maine che ha visto Romney vincere al 52% contro McCain, fermo al 21%, e Paul (18%). I 21 delegati però non sono stati immediatamente assegnati e lo saranno solo alla convention di settembre mediante regole complesse.
La partita di domani è fondamentale. Si voterà in 22 Stati per il Partito democratico con 2.075 delegati da assegnare, in 21 per quello repubblicano con 1.081 delegati. A Obama e alla Clinton serve un minimo di 2.025 delegati per aggiudicarsi matematicamente la nomination, per i candidati del GOP il numero è di 1.191.
In casa repubblicana i sondaggi (Gallup, ABC/Washington Post, Fox News) danno McCain in vantaggio su Romney con uno scarto che va dai 20 ai 28 punti percentuali quasi dappertutto. In controtendenza Rasmussen che vede invece i due candidati appaiati al 30%.
Tra i democratici stessa situazione, guida la Clinton seguita da Obama che ha tutto l'interesse a che i giochi non si chiudano domani.
Sul piano nazionale un sondaggio di Fox News vedrebbe McCain in vantaggio sia sulla Clinton (45% contro 44) sia su Obama (45% contro 43). Chissà!
Intanto un vincitore ufficiale di questa campagna per le presidenziali 2008 c'è già ed è la rete. Non si tratta solo delle curve di Amber Lee che fa il suo sexy endorsement per Obama o delle lacrime della Clinton o di suo marito sorpreso a dormire durante una cerimonia per Martin Luther King, internet ha svolto un ruolo importante per la raccolta fondi dei candidati e offre canali di informazione completi in grado di monitorarne i programmi e di guidare gli utenti nel complesso calendario di caucus e primarie (You Tube, CNN, The Politico, ecc.). Un ruolo del tutto nuovo di sostegno e di informazione è svolto dalla blogosfera verso la quale i candidati manifestano una attenzione particolare del tutto ricambiata. Mi piace segnalare due casi, quello della 23enne Meghan McCain, che, per rilanciare l'immagine di papà John, il più anziano candidato con chance di vittoria, tiene un diario della campagna elettorale rivolto ai giovani, e quello del candidato libertario Ron Paul che spopola sul web ottenendo consensi virtuali inversamente proporzionali a quelli delle urne. Solo in Italia Paul può contare su ben due community di bloggers (Italiani per Ron Paul e Italian bloggers for Ron Paul). Mai come in questa campagna elettorale internet sta avendo e avrà importanza per la creazione del consenso.
Mi ero fermato alla vigilia delle primarie democratiche in South Carolina ma prima di dare uno sguardo ai risultati ci sono da registrare due defezioni minori (di quelle “maggiori” dirò tra poco), quella di Duncan Hunter in campo repubblicano e quella di Dennis Kucinich tra i democratici. Avevo anche parlato dei caucus del GOP in Louisiana che, in un clima di totale noncuranza da parte della stampa e di confusione nella determinazione del risultato, hanno visto McCain prevalere su Paul.
Com'era prevedibile la partita del South Carolina si è chiusa a favore di Barack Obama che con il 55,4% dei consensi ha doppiato la Clinton ferma al 26,5%, terzo come al solito Edwards che raccoglie meno del 18%. Il senatore dell'Illinois ha vinto conquistando il voto degli afroamericani, di un quarto dell'elettorato bianco, delle donne e di tutte le fasce di età fino ai 64 anni. Come se non bastasse il trionfo elettorale, all'indomani delle consultazioni in South Carolina, Obama ha incassato l'endorsement dei Kennedy.
E mentre a Columbia il senatore nero festeggiava, sul fronte repubblicano si stava per combattere la decisiva battaglia della Florida. Se già i sondaggi avevano lasciato pochi spiragli alla vittoria di Giuliani nel Sunshine State, gli appoggi del popolare governatore Charlie Crist prima, e del senatore Mel Martinez rappresentante della numerosa comunità cubana poi, in favore di McCain, hanno inferto il colpo mortale alla corsa verso la Casa bianca dell'ex sindaco di New York. E' finita con McCain al 36%, Romney al 31% e Giuliani al 15%, un solo punto sopra Huckabee che in Florida non ha praticamente fatto campagna elettorale. Arrivando primo, il senatore dell'Arizona conquista tutti i 57 delegati, l'elettorato che gli ha garantito la vittoria è formato dagli over 60, dai cubano-americani di Miami e dai militari e veterani. Si conclude così, alla prima tappa, l'avventura di Rudy Giuliani. “From Hero to Zero” titolano impietosamente tutti i giornali che si lanciano nel gioco della caccia all'errore, dalla squadra scelta per la campagna elettorale fino alla fallimentare strategia dei grandi Stati. Giuliani ha subito deciso di appoggiare McCain che dopo aver incassato gli endorsement del governatore della California Schwarzenegger e di quello del Texas Perry, in vista del super tuesday, sembra aver sbloccato la situazione di incertezza nel GOP e appare proiettato verso la conquista della nomination nonostante la sua fama di repubblicano atipico. Romney permettendo. Le quotazioni di Huckabee sono in netto ribasso, punterà ad ottenere il maggior numero di delegati negli Stati del sud.
La Florida per i democratici è stata una tappa simbolica in quanto i vertici del partito hanno deciso di non assegnare nessun delegato allo Stato come sanzione per aver anticipato la data delle primarie. La Clinton è giunta prima con il 50% seguita da Obama (33%) e da Edwards (14%). La prima sorpresa di questa consultazione è arrivata però con l'uscita di scena proprio di John Edwards che non si pronuncia su chi appoggerà lasciando sul campo un'eredità ambita dai due contendenti rimasti, la seconda sorpresa potrebbe essere la richiesta di riammissione dei delegati della Florida alla convention di Denver da parte della Clinton che, forte di un'affluenza record nello Stato, punta a far valere la propria vittoria.
L'ultima consultazione in ordine di tempo è stato il caucus repubblicano nel Maine che ha visto Romney vincere al 52% contro McCain, fermo al 21%, e Paul (18%). I 21 delegati però non sono stati immediatamente assegnati e lo saranno solo alla convention di settembre mediante regole complesse.
La partita di domani è fondamentale. Si voterà in 22 Stati per il Partito democratico con 2.075 delegati da assegnare, in 21 per quello repubblicano con 1.081 delegati. A Obama e alla Clinton serve un minimo di 2.025 delegati per aggiudicarsi matematicamente la nomination, per i candidati del GOP il numero è di 1.191.
In casa repubblicana i sondaggi (Gallup, ABC/Washington Post, Fox News) danno McCain in vantaggio su Romney con uno scarto che va dai 20 ai 28 punti percentuali quasi dappertutto. In controtendenza Rasmussen che vede invece i due candidati appaiati al 30%.
Tra i democratici stessa situazione, guida la Clinton seguita da Obama che ha tutto l'interesse a che i giochi non si chiudano domani.
Sul piano nazionale un sondaggio di Fox News vedrebbe McCain in vantaggio sia sulla Clinton (45% contro 44) sia su Obama (45% contro 43). Chissà!
1 commento:
Domani si fa la storia.
http://italianblogs4mccain.blogspot.com/
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