Continua la lunga corsa verso la Casa Bianca. In Michigan si è votato il 15 gennaio, primarie per entrambi i partiti anche se in realtà i democratici votavano senza esprimere delegati, il 19 si sono svolti i caucus in Nevada, qui è stata la maggior parte dei candidati del GOP a disertare la campagna elettorale per concentrarsi sul più importante appuntamento delle primarie nel South Carolina per le quali si votava nello stesso giorno. In South Carolina i democratici voteranno invece il 26 gennaio.
La partita in Michigan ha visto prevalere Mitt Romney con il 38,9% dei voti, seguito da McCain (29,7%) e da Huckabee (16,1%). L'ex governatore del Massachussets ha avuto il vantaggio di giocare in casa, non solo Romney è nato in Michigan ma suo padre George è stato anche un apprezzato governatore dello Stato negli anni '60. Smentiti quindi facilmente tutti i sondaggi della vigilia che lo davano in un testa a testa con McCain, l'ex governatore del Massachussets ha conquistato il suo secondo primato dopo quello silenzioso in Wyoming. In campo democratico vittoria simbolica della Clinton con il 57% dei voti.
In Nevada continua il duello tra Clinton e Obama, Edwards è sempre più alla deriva. La senatrice di New York conquista il 51% staccando di ben 7 punti il suo diretto rivale. Ad Edwards solo il 4%, meno della metà di quanto prevedevano i sondaggi. La vittoria di Hillary Clinton ha di sicuro un grande valore. Messa in apparente difficoltà dall'autorizzazione della Corte federale allo svolgimento dei caucus all'interno dei grandi casinò (Obama aveva ricevuto l'endorsement del sindacato dei lavoratori dei casinò del Nevada che conta 60 mila iscritti), ha avuto dalla sua la maggioranza del voto ispanico, quello delle donne e dei cattolici.
Obama, dal canto suo, mette a segno la vittoria tra gli afroamericani che votano per l'80% a suo favore, un buon viatico per l'appuntamento del South Carolina dove questa fascia della popolazione sfiora la metà dell'elettorato democratico. E non è l'unico successo del senatore dell'Illinois, infatti nonostante il divario in termini percentuali, Obama avrebbe conquistato un delegato in più rispetto alla Clinton per la convention di Denver.
Nel GOP vittoria di Romney senza rivali, 51% per lui, seguito dal candidato libertario Paul al 14%. A favore di Romney ha giocato la massiccia affluenza dei suoi correligionari mormoni.
E mentre l'ex senatore metteva a segno la sua terza vittoria, in South Carolina si spendevano le energie dei suoi diretti rivali. L'ha spuntata McCain con il 33,2% dei voti, seguito da Huckabee (29.9%) e Thompson (15,7%). Romney è solo quarto (15,1%). La tradizione vuole che, dal 1980 ad oggi, chi vince le primarie repubblicane in South Carolina diventi il candidato del Partito repubblicano alla Presidenza. Huckabee ha attratto il voto evangelico ma non gli è bastato per vincere come accadde in Iowa, anche a causa di Fred Thompson che è riuscito a sua volta ad intercettare parte dell'elettorato cristiano conservatore. E mentre la candidatura dell'ex governatore dell'Arkansas pare in ribasso, McCain si pone come alternativa alle scelte dell'amministrazione Bush e attrae repubblicani moderati, indipendenti e delusi.
Intanto ieri sera Fred Thompson ha annunciato il suo ritiro. L'ex senatore del Tennessee e protagonista di Law and Order pensava all'abbandono fin dall'indomani della competizione in South Carolina. Non ha ancora dichiarato chi appoggerà. Sempre ieri si sono svolti i caucus repubblicani in Lousiana, passati sotto silenzio almeno sulla stampa italiana.
Ora l'attenzione è per i prossimi appuntamenti: le primarie democratiche in South Carolina e quelle in Florida del 29 gennaio per le quali i repubblicani sono già al lavoro. La sfida tra Clinton e Obama, come dicevo, si gioca sull'elettorato di colore, nei sondaggi il senatore dell'Illinois è dato in vantaggio di 10,5 punti.
In Florida si gioca parecchio Rudy Giuliani. L'ex sindaco di New York scende in campo davvero, solo adesso. Con la sua strategia dei grandi Stati ha puntato a fare campagna elettorale solo dove è in gioco un consistente numero di delegati, ma i risultati finora raggiunti nelle prime competizioni sono davvero troppo esigui per non destare più di una preoccupazione. Senza contare che i suoi avversari non staranno certo a guardare, McCain, in cerca di vittoria in uno Stato votano solo i repubblicani registrati, insidia Giuliani sul suo stesso terreno: cerca infatti consenso nella comunità degli esuli cubani, in quella ebraica e tra i pensionati newyorchesi trasferitisi in Florida. Romney si gioca ancora la carta dei correligionari.
Al momento i sondaggi danno esiti discordanti, per Rasmussen, Romney dovrebbe raggiungere il 25%, seguito da McCain al 20% e da Giuliani al 19. Per Survey USA, McCain sarebbe al 25%, Giuliani al 20, Romney al 19. La situazione in Florida è lo specchio dell'incertezza in casa repubblicana. Staremo a vedere come andrà. La corsa è ancora lunga.
La partita in Michigan ha visto prevalere Mitt Romney con il 38,9% dei voti, seguito da McCain (29,7%) e da Huckabee (16,1%). L'ex governatore del Massachussets ha avuto il vantaggio di giocare in casa, non solo Romney è nato in Michigan ma suo padre George è stato anche un apprezzato governatore dello Stato negli anni '60. Smentiti quindi facilmente tutti i sondaggi della vigilia che lo davano in un testa a testa con McCain, l'ex governatore del Massachussets ha conquistato il suo secondo primato dopo quello silenzioso in Wyoming. In campo democratico vittoria simbolica della Clinton con il 57% dei voti.
In Nevada continua il duello tra Clinton e Obama, Edwards è sempre più alla deriva. La senatrice di New York conquista il 51% staccando di ben 7 punti il suo diretto rivale. Ad Edwards solo il 4%, meno della metà di quanto prevedevano i sondaggi. La vittoria di Hillary Clinton ha di sicuro un grande valore. Messa in apparente difficoltà dall'autorizzazione della Corte federale allo svolgimento dei caucus all'interno dei grandi casinò (Obama aveva ricevuto l'endorsement del sindacato dei lavoratori dei casinò del Nevada che conta 60 mila iscritti), ha avuto dalla sua la maggioranza del voto ispanico, quello delle donne e dei cattolici.
Obama, dal canto suo, mette a segno la vittoria tra gli afroamericani che votano per l'80% a suo favore, un buon viatico per l'appuntamento del South Carolina dove questa fascia della popolazione sfiora la metà dell'elettorato democratico. E non è l'unico successo del senatore dell'Illinois, infatti nonostante il divario in termini percentuali, Obama avrebbe conquistato un delegato in più rispetto alla Clinton per la convention di Denver.
Nel GOP vittoria di Romney senza rivali, 51% per lui, seguito dal candidato libertario Paul al 14%. A favore di Romney ha giocato la massiccia affluenza dei suoi correligionari mormoni.
E mentre l'ex senatore metteva a segno la sua terza vittoria, in South Carolina si spendevano le energie dei suoi diretti rivali. L'ha spuntata McCain con il 33,2% dei voti, seguito da Huckabee (29.9%) e Thompson (15,7%). Romney è solo quarto (15,1%). La tradizione vuole che, dal 1980 ad oggi, chi vince le primarie repubblicane in South Carolina diventi il candidato del Partito repubblicano alla Presidenza. Huckabee ha attratto il voto evangelico ma non gli è bastato per vincere come accadde in Iowa, anche a causa di Fred Thompson che è riuscito a sua volta ad intercettare parte dell'elettorato cristiano conservatore. E mentre la candidatura dell'ex governatore dell'Arkansas pare in ribasso, McCain si pone come alternativa alle scelte dell'amministrazione Bush e attrae repubblicani moderati, indipendenti e delusi.
Intanto ieri sera Fred Thompson ha annunciato il suo ritiro. L'ex senatore del Tennessee e protagonista di Law and Order pensava all'abbandono fin dall'indomani della competizione in South Carolina. Non ha ancora dichiarato chi appoggerà. Sempre ieri si sono svolti i caucus repubblicani in Lousiana, passati sotto silenzio almeno sulla stampa italiana.
Ora l'attenzione è per i prossimi appuntamenti: le primarie democratiche in South Carolina e quelle in Florida del 29 gennaio per le quali i repubblicani sono già al lavoro. La sfida tra Clinton e Obama, come dicevo, si gioca sull'elettorato di colore, nei sondaggi il senatore dell'Illinois è dato in vantaggio di 10,5 punti.
In Florida si gioca parecchio Rudy Giuliani. L'ex sindaco di New York scende in campo davvero, solo adesso. Con la sua strategia dei grandi Stati ha puntato a fare campagna elettorale solo dove è in gioco un consistente numero di delegati, ma i risultati finora raggiunti nelle prime competizioni sono davvero troppo esigui per non destare più di una preoccupazione. Senza contare che i suoi avversari non staranno certo a guardare, McCain, in cerca di vittoria in uno Stato votano solo i repubblicani registrati, insidia Giuliani sul suo stesso terreno: cerca infatti consenso nella comunità degli esuli cubani, in quella ebraica e tra i pensionati newyorchesi trasferitisi in Florida. Romney si gioca ancora la carta dei correligionari.
Al momento i sondaggi danno esiti discordanti, per Rasmussen, Romney dovrebbe raggiungere il 25%, seguito da McCain al 20% e da Giuliani al 19. Per Survey USA, McCain sarebbe al 25%, Giuliani al 20, Romney al 19. La situazione in Florida è lo specchio dell'incertezza in casa repubblicana. Staremo a vedere come andrà. La corsa è ancora lunga.
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