giovedì 8 novembre 2007

I Rom, l’Europa e...l’Italia

Il dibattito sulla sicurezza innescato dal feroce assassinio di Tor di Quinto ha riportato alla ribalta, come più volte accaduto nel corso di quest’anno, la questione dei Rom in Italia, un problema a cui non si sono mai date risposte serie e che sembra non poter essere risolto se non con le ruspe che radono al suolo i campi nomadi all’indomani di un fatto di sangue.
Secondo il Dipartimento Roma and Travellers (Rom e camminanti) del Consiglio Europeo le varie etnie zingare raggiungerebbero in Europa una popolazione di 9-12 milioni di persone, in Romania oscillerebbero tra il milione e 200 mila e i due milioni e mezzo pari al 5 per cento della popolazione totale, in Bulgaria, Spagna e Ungheria sono 800 mila, 520 mila in Slovacchia, tra i 340 mila e i 400 mila in Francia e Russia, 350 mila in Grecia, 300 mila in Gran Bretagna e Repubblica Ceca, 260 mila in Macedonia, 130 mila in Germania. In Italia la popolazione zingara andrebbe dalle 120 mila alle 170 mila persone. E’ emblematico che i dati siano soltanto indicativi e non esista un censimento certo a cui fare riferimento.
La speranza di vita dei Rom alla nascita è di appena 45 anni, l’emarginazione e la tendenza a delinquere contraddistingue la loro presenza ovunque in Europa anche se vanno fatte le opportune differenze.
Il Dipartimento Roma and Travellers dal 1993 ad oggi ha cercato di affrontare la questione sul piano dei diritti umani delle minoranze nella prospettiva di una maggiore integrazione sociale, offrendo agli Stati membri un quadro di strumenti tecnici e giuridici. I risultati finora raggiunti sono del tutto parziali.
Gran parte degli Stati europei si sono dotati di un Ufficio centrale in grado di controllare sommariamente i flussi di Rom ma anche di offrire attività di mediazione culturale. In Francia l’integrazione dei Rom passa per un modello che coniuga accoglienza e welfare alla particolare durezza nei confronti di chi delinque. La legge Besson prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti sia dotato di un’area di accoglienza che ospiti Rom e zingari solo temporaneamente, in attesa dell’attribuzione di case in affitto o terreni familiari su cui poter costruire piccole abitazioni secondo il programma immobiliare contenuto nella stessa legge. I Rom e gli appartenenti alle altre etnie zingare firmano un patto di stabilità con il quale si impegnano a far frequentare la scuola ai propri figli e a rispettare le regole dei campi provvisori, chi risulta disoccupato riceve un sussidio per sei mesi mentre chi contravviene al patto di stabilità, delinque o si dedica all’accattonaggio viene immediatamente espulso. Anche se in relazione alle aree di accoglienza e al programma immobiliare si registrano forti ritardi, il quadro legislativo francese sembra essere uno dei migliori in Europa.
Simile a quello francese ma meno strutturato è il modello applicato in Germania. I Rom e i Camminanti sono considerati minoranza nazionale, vengono messi in condizione di lavorare e sono assegnate loro abitazioni. Anche qui il sistema è rigido, chi non rispetta la legge deve lasciare il Paese.
La Spagna ha la terza comunità zingara più popolosa d’Europa, gli Uffici centrali sono su base regionale e si occupano delle politiche a favore di questa minoranza. Il programma immobiliare ha sortito buoni effetti, i campi nomadi sono quasi spariti ma la concentrazione dei Rom nelle periferie cittadine non ha consentito una integrazione ottimale. Il tasso di delinquenza resta alto. Anche in Spagna il modello di welfare adottato prevede un sussidio di disoccupazione della durata di sei mesi.
La situazione in Italia è ben diversa. Il nostro paese è al quattordicesimo posto quanto a popolazione Rom, tra le 120 e le 170 mila persone di cui la metà ha meno di 14 anni. Contrariamente agli altri Paesi europei non siamo dotati di un Ufficio centrale, non abbiamo nessuna politica sui documenti di identità, non abbiamo nessuna politica che affronti organicamente il problema. Nella considerazione comune dei Rom si compie più di un errore: si crede siano tutti stranieri invece la metà di loro vive in Italia da decenni, i bambini Rom nati da noi risultano di fatto apolidi e, del tutto sconosciuti alle autorità italiane, non hanno accesso all’istruzione e finiscono per essere sfruttati per l’accattonaggio ed i borseggi. Si crede erroneamente che siano tutti nomadi quando la maggioranza di loro è stanziale, in virtù di questo gli si consente di vivere nei campi nomadi concentrazione di ogni degrado.
In altre parole la politica ha sempre rimosso il problema, non lo ha mai affrontato nonostante i richiami dell’Europa. La strada dovrebbe essere quella percorsa in Paesi che in molti casi hanno a che fare con popolazioni Rom e zingare ben più massicce rispetto alla nostra, integrazione e tolleranza zero partendo innanzitutto dalla effettiva conoscenza del problema. La costituzione di un Ufficio centrale permetterebbe di procedere ad un censimento, seppure sommario, e di distinguere chi tra i Rom e gli zingari sia da considerare straniero, apolide o cittadino italiano con le ricadute giuridiche che questo comporta. Il riconoscimento della minoranza linguistica, l’eliminazione della vergogna dei campi nomadi, l’inserimento lavorativo da un lato, l’obbligo alla frequenza scolastica, la fermezza (il che vuol dire innanzitutto certezza della pena) contro chi delinque e non rispetta le leggi dall’altro, sarebbero il modo migliore per risolvere il problema della sicurezza legata ai Rom e agli Zingari che non può essere affrontato con provvedimenti emergenziali e propagandistici. La soluzione non è affatto facile ma gli esempi degli altri Paesi europei sono da tenere in debita considerazione.

1 commento:

ArabaFenice ha detto...

La politica di questo Governo in fatto di sicurezza e di gestione dell'emergenza rom è a dir poco scandaloso. Tuttavia, non si può tacere che la situazione di oggi è il risultato di decenni di omissioni.