Per la politica italiana è tempo di cambiamenti. Lo dimostrano l’incoronazione ufficiale di Walter Veltroni a Segretario del Partito democratico e le parole dei leader della Cdl sul partito unitario del centro-destra.
Se il Presidente del Consiglio, dal canto suo, non perde l’occasione di lanciare strali contro gli alleati meno fedeli definiti “serpenti di mare” e di difendere strenuamente un governo che tutti danno per morto, quello che emerge chiaro dal discorso di insediamento di Veltroni è che il suo pensiero è tutto rivolto al dopo Prodi. Dopo l’ovvio sostegno espresso nei confronti dell’esecutivo, il segretario ha tracciato le linee organizzative di un partito che non ha nessuna intenzione di logorarsi legando le sue sorti a quelle del governo ad iniziare da quelle alleanze che definisce “forzate” prima causa di “governi deboli”.
Secondo il suo leader il Partito democratico deve essere “strutturato a rete più che a piramide” ed avere un rapporto diretto con il proprio popolo senza l’esigenza delle tessere e mediante le elezioni primarie a tutti i livelli. Avere una “vocazione maggioritaria” che porti il partito ad aspirare all’ottenimento del 51%. Non subire l’egemonia delle correnti e delle gerarchie.
Veltroni ha inoltre ribadito di non voler andare verso elezioni anticipate almeno non prima di aver riformato la legge elettorale, magari applicando un modello tedesco spurio, (proporzionale con quota di sbarramento da definire e premio di maggioranza alla coalizione che esprima un’alleanza di governo) e la Costituzione secondo la proposta già al vaglio della Camera.
Non mi soffermerò ancora sui difetti congeniti del Pd e sulle gatte da pelare che Veltroni ha di fronte a sé, ma ciò che balza agli occhi è l’assenza di linee programmatiche che giustifichino la nascita di un partito. Per quanto riguarda poi il partito in rete, senza correnti e senza gerarchie siamo all’esatto contrario della realtà, l’intero progetto del Partito democratico, dalla fusione di DS e Margherita, alla scelta del leader a quella dei componenti dell’Assemblea costituente mediante liste bloccate ha avuto una propulsione ed un controllo strettamente verticistico. Le primarie hanno rappresentato poi il momento in cui il popolo che ha creduto in quel progetto, ha ratificato ciò che già era stato deciso da altri avendo l’illusione di scegliere. Il Partito democratico sarà un partito del leader in cui le correnti ci saranno e si faranno sentire, basta leggere quello che è stato detto dalla Bindi e da Parisi ma anche da Letta a margine della prima riunione dell’Assemblea costituente di sabato. Il tema alleanze non si può liquidare semplicemente affermando la vocazione maggioritaria del partito e facendo riferimento a improbabili sondaggi che lo danno tra il 29 e il 38% (che è comunque ben lontano dal 51%), quando la realtà, che nella migliore delle ipotesi fa registrare consensi per il Pd al 28%, impone un compromesso con la sinistra massimalista per poter aspirare alla vittoria. Sul fronte delle riforme la proposta di dialogo con l’opposizione arriva fuori tempo massimo ed anche l’intesa sul sistema tedesco o presunto tale, caldeggiato anche da Udc e Lega, sembra non essere più possibile dato che molti mesi sono passati senza che nulla accadesse.
Il Partito democratico però, con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, non può essere liquidato facendo spallucce. Il centro-destra deve smetterla di godersi lo spettacolo delle faide interne alla maggioranza e riprendere ad occuparsi del Paese. L’idea del partito unitario dei moderati, che ci piaccia o no, non è all’ordine del giorno nonostante il popolo della Cdl sia già pronto a riconoscersi in un soggetto politico unico e nonostante questo potrebbe avere il suo naturale alveo ideologico nel Partito popolare europeo a cui Forza Italia ed Udc appartengono a del quale entrerà a far parte anche Alleanza Nazionale.
E’ di gran lunga più concreta invece la possibilità che si torni a votare in tempi brevi e a quell’appuntamento la Cdl deve presentarsi con un programma che non può essere la semplice riedizione di quello del 2001 e del 2006. Per la politica italiana sarà pure tempo di cambiamenti ma c’è da sperare che questi vadano al di là dei contenitori e investano anche i programmi di cui si parla così poco.
Se il Presidente del Consiglio, dal canto suo, non perde l’occasione di lanciare strali contro gli alleati meno fedeli definiti “serpenti di mare” e di difendere strenuamente un governo che tutti danno per morto, quello che emerge chiaro dal discorso di insediamento di Veltroni è che il suo pensiero è tutto rivolto al dopo Prodi. Dopo l’ovvio sostegno espresso nei confronti dell’esecutivo, il segretario ha tracciato le linee organizzative di un partito che non ha nessuna intenzione di logorarsi legando le sue sorti a quelle del governo ad iniziare da quelle alleanze che definisce “forzate” prima causa di “governi deboli”.
Secondo il suo leader il Partito democratico deve essere “strutturato a rete più che a piramide” ed avere un rapporto diretto con il proprio popolo senza l’esigenza delle tessere e mediante le elezioni primarie a tutti i livelli. Avere una “vocazione maggioritaria” che porti il partito ad aspirare all’ottenimento del 51%. Non subire l’egemonia delle correnti e delle gerarchie.
Veltroni ha inoltre ribadito di non voler andare verso elezioni anticipate almeno non prima di aver riformato la legge elettorale, magari applicando un modello tedesco spurio, (proporzionale con quota di sbarramento da definire e premio di maggioranza alla coalizione che esprima un’alleanza di governo) e la Costituzione secondo la proposta già al vaglio della Camera.
Non mi soffermerò ancora sui difetti congeniti del Pd e sulle gatte da pelare che Veltroni ha di fronte a sé, ma ciò che balza agli occhi è l’assenza di linee programmatiche che giustifichino la nascita di un partito. Per quanto riguarda poi il partito in rete, senza correnti e senza gerarchie siamo all’esatto contrario della realtà, l’intero progetto del Partito democratico, dalla fusione di DS e Margherita, alla scelta del leader a quella dei componenti dell’Assemblea costituente mediante liste bloccate ha avuto una propulsione ed un controllo strettamente verticistico. Le primarie hanno rappresentato poi il momento in cui il popolo che ha creduto in quel progetto, ha ratificato ciò che già era stato deciso da altri avendo l’illusione di scegliere. Il Partito democratico sarà un partito del leader in cui le correnti ci saranno e si faranno sentire, basta leggere quello che è stato detto dalla Bindi e da Parisi ma anche da Letta a margine della prima riunione dell’Assemblea costituente di sabato. Il tema alleanze non si può liquidare semplicemente affermando la vocazione maggioritaria del partito e facendo riferimento a improbabili sondaggi che lo danno tra il 29 e il 38% (che è comunque ben lontano dal 51%), quando la realtà, che nella migliore delle ipotesi fa registrare consensi per il Pd al 28%, impone un compromesso con la sinistra massimalista per poter aspirare alla vittoria. Sul fronte delle riforme la proposta di dialogo con l’opposizione arriva fuori tempo massimo ed anche l’intesa sul sistema tedesco o presunto tale, caldeggiato anche da Udc e Lega, sembra non essere più possibile dato che molti mesi sono passati senza che nulla accadesse.
Il Partito democratico però, con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, non può essere liquidato facendo spallucce. Il centro-destra deve smetterla di godersi lo spettacolo delle faide interne alla maggioranza e riprendere ad occuparsi del Paese. L’idea del partito unitario dei moderati, che ci piaccia o no, non è all’ordine del giorno nonostante il popolo della Cdl sia già pronto a riconoscersi in un soggetto politico unico e nonostante questo potrebbe avere il suo naturale alveo ideologico nel Partito popolare europeo a cui Forza Italia ed Udc appartengono a del quale entrerà a far parte anche Alleanza Nazionale.
E’ di gran lunga più concreta invece la possibilità che si torni a votare in tempi brevi e a quell’appuntamento la Cdl deve presentarsi con un programma che non può essere la semplice riedizione di quello del 2001 e del 2006. Per la politica italiana sarà pure tempo di cambiamenti ma c’è da sperare che questi vadano al di là dei contenitori e investano anche i programmi di cui si parla così poco.
2 commenti:
verissimo.... c'è poco da ghignare: serve pronta una squadra e un programma. semplice ma fattibile... e pochi ministeri chiave.
la nota positiva è l'idea di un campus, una Università di pensiero liberale, dove finalmente si insegni un po' di modernità.... e non vecchie ideologie.
Gabbiano.... pronta squadra e programma ? Ma cosa cambia tra il delirante Pd e i vari deliri dell'altra fazione?
Ma quelli che si dicevano liberali 20 anni fa e che ci promettevano tanta modernità , non erano coloro che dicevano che le privatizzazioni sarebbero state una manna piovuta dal cielo per salvare i "mostri economici" statali ? Io tutti questi miglioramenti dopo 20 anni mica li vedo ancora .
Il caso Sip , il caso Eni , il caso Enel , il caso FS , il caso Alitalia.
Tutte aziende che da statali godevano di ottima salute.
Che ci volete fare ?...siamo liberal .
Pochi ministeri chiave ? Questa è la stessa tiritera delle privatizzazioni . La manna che pioverà dal cielo sarà la riduzione dei ministeri? Meno male che voi liberal avete le soluzioni a tutti i nostri problemi . Più che università di pensiero liberale ci vorrebbe una scuola serale che ti metta in contatto con la realtà .
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