mercoledì 10 settembre 2008

Povero Walter!

Assediato all'interno di un partito dilaniato dalle correnti, senza un'azione politica riconoscibile, in costante calo di consensi, Veltroni cerca di serrare le fila con la più trita delle propagande.

"Walter Veltroni è deciso a riprendere in mano il suo popolo e a scrollarsi di dosso la polvere della sconfitta". Marco Follini chiosava così l'intervento del segretario del Pd alla festa democratica di Firenze, gli faceva eco Claudia Fusani su Repubblica che, in uno sperticato peana, affermava "il Pd oggi sembra aver ritrovato una strada". Dal canto suo lo stesso Veltroni in quell'occasione, non si lasciava sfuggire l'opportunità di sottolineare i successi che, secondo lui, il partito sta mietendo a piene mani: "Constato con soddisfazione che gli ultimi sondaggi ci danno intorno al 30%, nessuno in Ue cresce come noi". Senza dubbio chi si contenta gode e all'ex sindaco di Roma le capacità di autoconvincimento di certo non mancano, ma non può sfuggire a nessuno, tantomeno a lui, che quel soddisfacente 30% è 3,2 punti sotto il risultato elettorale di appena cinque mesi fa, è parecchio distante da quella vocazione maggioritaria spacciata come caratteristica genetica del Partito democratico, è lontanissimo dalle percentuali di una coalizione di governo in costante ascesa di consensi, è difficilmente recuperabile data la splendida solitudine in cui si trova il Pd dopo la rottura, pressoché insanabile, con l'alleato traditore Di Pietro.
Al di là degli autografi, della colonna sonora dei Cold play, dell'aria piaciona di ritorno dal matrimonio di Jovanotti, Walter Veltroni è andato alla festa di Firenze con l'unico intento di difendere il proprio operato, e la propria poltrona, da un accerchiamento interno sempre più stretto. Ha dovuto rispondere ad Arturo Parisi che aveva bocciato il governo ombra e, in via definitiva, la linea del segretario alla guida del Pd, parlando di Berlusconi come un grande leader e un grande politico e auspicando il ritorno al vecchio centrosinistra. Ha stigmatizzato il tradimento di Di Pietro chiamando in correità l'intero partito, D'Alema compreso, che lo aveva voluto come alleato. Ha criticato Prodi per non aver avuto la saggezza di cercare convergenze con l'opposizione a seguito della “non vittoria” del 2006, riuscendo nel singolare risultato di rimproverare a Prodi quell'ottusa assenza di dialogo che è oggi l'unico segno riconoscibile dell'azione politica di un Partito democratico che, se da una parte cerca di smarcarsi dell'Italia dei valori, nei fatti non fa che scimmiottarne metodi e argomenti. Per fortuna Veltroni ha trovato anche un po' di tempo per sferrare un attacco preconfezionato e senza fantasia nei confronti del governo che, a suo dire, lascia il Paese senza guida. Evidentemente gli è sfuggito il livello di favore di cui gode la leadership di Berlusconi , mai così alto prima d'ora.
Quanto è successo a Firenze è emblematico delle condizioni in cui versa il Partito democratico. Il moltiplicarsi delle correnti interne (dall'associazione Red di D'Alema, ai prodiani, da Quarta Fase di Franceschini ai rutelliani, dai Popolari di Beppe Fioroni ai seguaci della Bindi fino ad a Mario Adinolfi), il rapporto conflittuale con le realtà locali, la crisi di consensi cronica, soprattutto nel nord del Paese, il tabù della collocazione in ambito europeo, rendono sempre più complicato il lavoro del segretario Veltroni. L'ulivista Franco Monaco accusa: "Veltroni lamenta che si discuta sui giornali. Dove altrimenti farlo, dopo che si è esautorata l’assemblea nazionale degli eletti alle primarie, si è nominata dall’alto una direzione lottizzata tra i capi corrente, si sono escluse personalità di primo piano dal coordinamento nazionale, si è rifiutato il congresso, si sono nominati i parlamentari eliminando quelli scomodi?"
Ma quello che più impensierisce dell'attuale situazione del Pd non è tanto la confusione interna, quanto quella che da più parti viene apertamente definita l'inconcludente proposta politica. Mentre, piaccia o no, Berlusconi governa secondo quanto promesso in campagna elettorale, Veltroni si barcamena tra dichiarazioni propagandistiche e, nei fatti, il rifiuto pregiudiziale di ogni costruttivo confronto con la maggioranza. Quanto detto sulla scarcerazione degli ultrà dopo la partita Roma-Napoli, le posizioni assunte sulle novità introdotte nella scuola dal ministro Gelmini, le accuse di fascismo tornate prepotentemente di moda, la “chiamata alle armi” per la manifestazione del 25 ottobre, da un lato nascondono il pressapochismo di un'azione politica senza prospettiva e senza idee, dall'altro sono lo strenuo tentativo di recuperare i favori dell'elettorato, almeno quello di sinistra, rispolverando i vecchi arnesi dell'antiberlusconismo. Intanto si avvicinano le scadenze elettorali con le provinciali di Trento e Bolzano a fine ottobre, le regionali in Abruzzo, le amministrative e le europee della prossima primavera e il segretario sotto assedio tenta il tutto per tutto pur di non giocarsi la poltrona. Un consiglio amichevole gli arriva da Sandro Bondi: "Veltroni riconosca ora i meriti del governo su alcune riforme indispensabili e giuste, piuttosto che inseguire Di Pietro sulla base di un'opposizione che può dare coraggio ai propri militanti ma che è destinata a perpetuare la crisi della sinistra". Al momento è certo che il Partito democratico abbia ritrovato una strada...dove conduca non è dato sapere.

Nessun commento: