venerdì 14 marzo 2008

Quelle liste così brutte...

Per mesi la politica italiana si è dibattuta alla ricerca di un modello elettorale in grado di superare le storture del cosiddetto porcellum. Per mesi si è inseguita la chimera del sistema ideale senza accorgersi che il meglio è nemico del bene e che il tempo del governo Prodi e della legislatura stava scadendo. Per mesi si è cercato di avvantaggiare la propria parte proponendo il modello che più si adeguasse alle proprie esigenze, da ultimo si è anche tentato di evitare il ritorno al voto dicendo che era indispensabile scrivere una nuova legge elettorale, la stessa che non si era riuscita a scrivere in oltre un anno di discussione. Un mirabile esempio di inconcludenza, evitabile, se solo si fosse dato ascolto alla pragmatica proposta dei senatori di Forza Italia (sul tappeto dall'inizio dell'estate scorsa), di una modifica minima della legge vigente attraverso la reintroduzione del premio di maggioranza su base nazionale anche al Senato, circoscrizioni meno vaste, minore lunghezza delle liste dei candidati.
Ci si aspettava almeno, che tutti gli strenui detrattori del porcellum ne facessero un uso virtuoso in ossequio al tanto propagandato rinnovamento (con scarsissime speranze in realtà, poiché proprio il Pd, che più ferocemente lo aveva avversato, usò un sistema del tutto simile per l'elezione della propria assemblea costituente!). Ci si aspettava che utilizzassero il sistema delle liste bloccate per promuovere solo i migliori ognuno nel proprio schieramento. Invece no, non è andata così. Nelle liste la rappresentanza territoriale è un optional, viene generalmente premiata la fedeltà al capo piuttosto che la competenza o la cultura politica, si usano gli esponenti della società civile come specchietti per le allodole (il Partito democratico ricandida in posizioni blindate quasi tutti i responsabili del fallimento del governo Prodi), l'argomento dell'età è servito solo ad eliminare qualche personaggio scomodo. La desolante sensazione che si ha leggendo il modo in cui sono state composte le liste, è che si stia per votare un Parlamento di pigiabottoni e che conti solo il leader, nient'altro.
Qualche giorno fa concludevo così un mio post: “il Pdl avrà al suo interno un vero polo liberale composto da soggetti che, capaci di abbandonare i settarismi, si uniscono per la realizzazione di alcuni fondamentali obiettivi concreti. I liberali non portano solo le loro istanze relative alla politica economica e fiscale ma anche, da posizioni ancora minoritarie, la loro visione sulla biopolitica e sulla morale familiare sicuramente proficua per un dibattito degno di un grande partito plurale.” Dopo la presentazione delle liste queste suonano tanto come le ultime parole famose, infatti la rappresentanza laica e liberale del Pdl in Parlamento è stata ridotta sensibilmente rispetto alle aspettative della vigilia. Ad essere lasciati fuori non sono solo i “vecchi”, Alfredo Biondi, Antonio Del Pennino, Eugenio Sterpa e Lino Jannuzzi, ma anche Dario Rivolta e nientemeno che Daniele Capezzone (a cui pare però sia stato garantito un posto nella compagine di governo). In un amaro editoriale dal titolo Libertà senza liberali, qualche giorno fa su L'Opinone, Arturo Diaconale attribuiva la (quasi) scomparsa dei liberali proprio all'individualismo dei loro esponenti più rappresentativi, alla mancanza di coordinamento, alla mancata volontà di dar vita ad un'area organica all'interno del partito. Anche i blogger di Tocqueville hanno manifestato il loro disappunto per l'esclusione dei liberali eccellenti dalle candidature e in molti hanno paventato il rischio dell'allontanamento di una parte di elettorato moderato e non confessionale dal Pdl.
Salvatore Carrubba sul Sole 24 ore ha toccato il senso dell'esclusione di gran parte dei liberali dalle liste chiedendosi se oggi i liberali servono ancora. Secondo Carrubba, mentre nel mondo si facevano le riforme di mercato, che giustificano, in qualche misura, l'attuale , parziale ritorno a posizioni stataliste, in Italia in molti si proclamavano liberali senza che le riforme in questo senso fossero attuate, oggi tutti fanno gli statalisti senza dirlo con l'unico risultato che il nostro Paese è rimasto fermo, bloccato dai veti e dalle corporazioni a partire da quelle sindacali. Non si è tagliata la spesa, non si sono quindi tagliate le tasse, non si è alleggerito l'apparato burocratico, non si sono fatte le liberalizzazioni.
Da questo punto di vista il programma del Pdl sembra essere riuscito meglio delle liste anche se, alcuni cedimenti ad un certo conservatorismo protezionista, sono per la verità davvero scoraggianti.
Se uno volesse guardare al bicchiere mezzo pieno dal punto di vista delle candidature liberali, dovrebbe rallegrarsi dei seggi sicuri di Benedetto Della Vedova in Piemonte, di Stefania Prestigiacomo e Antonio Martino in Sicilia, di Franco Frattini in Friuli e di quello quasi certo di Peppino Calderisi in Puglia. Dovrebbe rallegrarsi delle candidature laiche di Margherita Boniver, Chiara Moroni, Stefania Craxi, Michela Vittoria Brambilla e da ultima Fiamma Nirenstein. Tutti nomi che sono la garanzia di una visione più europea e moderna del conservatorismo che evidentemente in Italia stenta ad affermarsi.

1 commento:

Marco Rossi ha detto...

Ciao...
premetto che intervengo da posizioni politiche abbastanza diverse (sono un giovane militante del Pd di Gorizia in friuli)...
...cmq il dibattito è stimolante: il problema della presenza dei laici e dei liberali nella politica in Italia è piuttostro grave. Il centrodestra affronta probabilmente il fatto che in questi anni, in parte per opposizione alla sinistra, ha condotte battaglie su posizioni più confessionali e protezioniste, accentuando quel tipo di caratterizzazione politica. Che non è scontata: esistono in tutta europa esempi di destre confessionali-conservatrici, ma anche di destre liberali-liberiste. Penso al Partido Popular spagnolo o ai cristianodemocratici tedeschi nel primo caso, penso all'UMP o ai conservatori danesi nel secondo.
In fondo il problema è speculare nel centrosinistra: la cultura della sinistra socialdemocratica proveniente dal Pci si è trovata negli ultimi 15 a valutare se il suo interlocutore doveva essere la sinistra confessionale (ex popolari) o i liberali-repubblicani.
Fino ad oggi avevano prevalso i popolari, oggi alcuni segnali (i pochi posti loro assegnati in lista l'ingresso dei Radicali nel Pd) fanno pensare ad una svolta.