Non c'è che dire. Il candidato democratico alla presidenza degli USA, Barack Obama ha il vento in poppa, gode di quello che gli analisti politici americani chiamano momentum. Ha vinto in Lousiana, Washington, Nebraska, Isole Vergini, Maine, District of Columbia, Maryland, Virginia, Wisconsin, Hawaii e tra i democratici all'estero che hanno votato durante il super tuesday. Ha battuto per undici volte la sua diretta avversaria con uno scarto minimo del 17%, balzando in testa nella conta dei delegati. Il senatore dell'Illinois ne ha adesso 1.319 contro i 1.250 della Clinton. Il distacco potrebbe ancora aumentare a causa della revisione del risultato delle primarie della città di New York.
Un altro dato essenziale della straordinaria ascesa di Obama è la conquista di fasce di elettorato che finora gli si erano mostrate ostili: nelle primarie del Potomac (D.C., Maryland, Virginia) ha avuto la maggioranza delle donne, degli ispanici e dei pensionati; ha conquistato il voto di cattolici, protestanti e laici, ha mantenuto saldamente il consenso giovanile e ha allargato quello dei conservatori delusi. In Wisconsin (Stato in cui la comunità afroamericana raggiunge solo il 10% dell'intera popolazione) conferma la maggioranza del voto femminile, ha dalla sua i lavoratori sindacalizzati e in genere tutti i gruppi under-65. Importante l'inversione di tendenza tra gli iscritti al partito democratico che iniziano a votare in maggioranza per lui.
Sul fronte del fundraising Obama registra un record che non ha paragoni nella storia politica americana: nel mese di gennaio ha raccolto 36 milioni di dollari, 28 dei quali online, provenienti da donatori che, per l'esiguità dei versamenti pro-capite, potrebbero essere ricontattati e che rappresentano quindi un serbatoio potenziale impressionante.
Da registrare anche il quasi endoresement che il senatore dell'Illinois ha incassato nientemeno che da Colin Powell, segretario di Stato dal 2001 al 2005 con George W. Bush.
Di converso il momento per Hillary Clinton non è tra i più semplici. La sua situazione finanziaria è all'opposto di quella del suo avversario e, oltre ad aver perso sonoramente le ultime 11 consultazioni, è stata abbandonata dal numero due del suo staff, Mike Henry. La senatrice di New York è impegnata nel rilanciare il suo ruolo di politico esperto e spera di riaprire la partita con le primarie del 4 marzo in Texas, Ohio, Rhode Island e Vermont.
In particolare in Texas saranno assegnati 228 delegati e la Clinton conta sul voto ispanico, i sondaggi la danno in vantaggio su Obama di circa 10 punti ma c'è da considerare anche il buon recupero che il senatore ha realizzato nelle ultime settimane. La situazione in Ohio (161 delegati) vede un vantaggio della Clinton attorno agli 8 punti.
Tra i due candidati democratici si gioca anche la partita parallela dei superdelegati, i dirigenti e gli eletti del partito, 796 in tutto che, in virtù dell'assegnazione proporzionale dei delegati, che non ha consentito e probabilmente non consentirà di chiudere i giochi durante le consultazioni, promettono di rivelarsi decisivi per l'attribuzione della nomination durante la convention di Denver. La loro maggioranza è al momento a favore della Clinton (in circa 200 si sono espressi per lei contro i 100 che hanno scelto Obama, gli altri sono ancora in fase di decisione) ma si stanno registrando alcuni importanti cambi di casacca chiaro sintomo che Obama è in questo momento il candidato di punta del partito. Sulla conta di delegati e superdelegati la Clinton ha lanciato anche un sito internet (the delegate hub) che spiega “fatti e miti” della loro assegnazione.
Decisamente più tranquilla la situazione in casa repubblicana. Dopo le scontate vittorie di Huckabee in Kansas e Louisiana, McCain ha vinto nelle consultazioni di Washington, District of Columbia, Maryland, Virginia e Wisconsin portando i suoi delegati a 918.
Oltre ai risultati conseguiti sul campo, quello che conta per McCain è stata l'uscita di scena di Mitt Romney che ha fatto, praticamente subito, endoresement in suo favore garantendogli così il voto dei suoi 286 delegati alla convention di Minneapolis e chiudendo di fatto la corsa alla nomination. Altri importanti appoggi sono arrivati dall'ex candidato repubblicano Fred Thompson, da Bush padre e indirettamente anche dal presidente in carica che, intervenendo alla convention annuale della Conferenza per l'azione politica conservatrice, ha invitato il partito all'unità. Il GOP si stringe attorno al suo candidato e gli esprime pieno appoggio (anche finanziario, l'endoresement dei Bush anche da questo punto di vista conta moltissimo) nell'intento primarico di fare dell'atipico McCain in candidato di tutti, anche dell'establishment. E il senatore dell'Arizona ha dimostrato di poter superare la diffidenza dell'elettorato più conservatore: ha perso di un solo punto in Lousiana ed è riuscito a conquistare la Virginia che veniva attribuita quasi con certezza ad Huckabee. La vera missione di McCain sarà quella di convincere la base repubblicana conservatrice a non astenersi nel voto di novembre, senza perdere il consenso di coloro che vedono in lui un innovatore.
Intanto Mike Huckabee continua la sua corsa sperando in un buon risultato in Texas e Ohio ma sperando ancor più, a detta di molti, nella vicepresidenza. L'affollato totovicepresidente vede salire le quotazioni del 47enne governatore del Minnesota Tim Pawlenty e, a sorpresa, anche quelle del segretario di Stato Condoleeza Rice, vero e proprio asso in grado di contrastare l'effetto novità di Clinton e Obama.
Ah, a continuare la corsa per la Casa bianca anche l'immarcescibile candidato libertario Ron Paul.
Che McCain sia ormai ufficialmente il candidato del GOP non lo dimostra solo l'attenzione di tutto il suo partito ma anche quella rivoltagli da Obama che da Madison, Wisconsin, lo ha accusato di fiancheggiare la politica di Bush sull'Iraq. Di contro McCain non se si è fatto sfuggire l’occasione per contrattaccare Obama definendolo un populista. E non mancano gli attacchi sul piano personale, il NY Times ha parlato di una vecchia relazione del senatore dell'Arizona con la lobbista 40enne Vicki Iseman. La notizia ha provocato la riposta indignata dello staff di McCain.
I sondaggi, che fino a poco tempo fa vedevano in vantaggio il veterano del Vietnam, sono oggi favorevoli ad Obama che batterebbe McCain con il 47% dei voti staccandolo di sette punti. Obama Superman sembra non avere rivali. Per il momento.
Un altro dato essenziale della straordinaria ascesa di Obama è la conquista di fasce di elettorato che finora gli si erano mostrate ostili: nelle primarie del Potomac (D.C., Maryland, Virginia) ha avuto la maggioranza delle donne, degli ispanici e dei pensionati; ha conquistato il voto di cattolici, protestanti e laici, ha mantenuto saldamente il consenso giovanile e ha allargato quello dei conservatori delusi. In Wisconsin (Stato in cui la comunità afroamericana raggiunge solo il 10% dell'intera popolazione) conferma la maggioranza del voto femminile, ha dalla sua i lavoratori sindacalizzati e in genere tutti i gruppi under-65. Importante l'inversione di tendenza tra gli iscritti al partito democratico che iniziano a votare in maggioranza per lui.
Sul fronte del fundraising Obama registra un record che non ha paragoni nella storia politica americana: nel mese di gennaio ha raccolto 36 milioni di dollari, 28 dei quali online, provenienti da donatori che, per l'esiguità dei versamenti pro-capite, potrebbero essere ricontattati e che rappresentano quindi un serbatoio potenziale impressionante.
Da registrare anche il quasi endoresement che il senatore dell'Illinois ha incassato nientemeno che da Colin Powell, segretario di Stato dal 2001 al 2005 con George W. Bush.
Di converso il momento per Hillary Clinton non è tra i più semplici. La sua situazione finanziaria è all'opposto di quella del suo avversario e, oltre ad aver perso sonoramente le ultime 11 consultazioni, è stata abbandonata dal numero due del suo staff, Mike Henry. La senatrice di New York è impegnata nel rilanciare il suo ruolo di politico esperto e spera di riaprire la partita con le primarie del 4 marzo in Texas, Ohio, Rhode Island e Vermont.
In particolare in Texas saranno assegnati 228 delegati e la Clinton conta sul voto ispanico, i sondaggi la danno in vantaggio su Obama di circa 10 punti ma c'è da considerare anche il buon recupero che il senatore ha realizzato nelle ultime settimane. La situazione in Ohio (161 delegati) vede un vantaggio della Clinton attorno agli 8 punti.
Tra i due candidati democratici si gioca anche la partita parallela dei superdelegati, i dirigenti e gli eletti del partito, 796 in tutto che, in virtù dell'assegnazione proporzionale dei delegati, che non ha consentito e probabilmente non consentirà di chiudere i giochi durante le consultazioni, promettono di rivelarsi decisivi per l'attribuzione della nomination durante la convention di Denver. La loro maggioranza è al momento a favore della Clinton (in circa 200 si sono espressi per lei contro i 100 che hanno scelto Obama, gli altri sono ancora in fase di decisione) ma si stanno registrando alcuni importanti cambi di casacca chiaro sintomo che Obama è in questo momento il candidato di punta del partito. Sulla conta di delegati e superdelegati la Clinton ha lanciato anche un sito internet (the delegate hub) che spiega “fatti e miti” della loro assegnazione.
Decisamente più tranquilla la situazione in casa repubblicana. Dopo le scontate vittorie di Huckabee in Kansas e Louisiana, McCain ha vinto nelle consultazioni di Washington, District of Columbia, Maryland, Virginia e Wisconsin portando i suoi delegati a 918.
Oltre ai risultati conseguiti sul campo, quello che conta per McCain è stata l'uscita di scena di Mitt Romney che ha fatto, praticamente subito, endoresement in suo favore garantendogli così il voto dei suoi 286 delegati alla convention di Minneapolis e chiudendo di fatto la corsa alla nomination. Altri importanti appoggi sono arrivati dall'ex candidato repubblicano Fred Thompson, da Bush padre e indirettamente anche dal presidente in carica che, intervenendo alla convention annuale della Conferenza per l'azione politica conservatrice, ha invitato il partito all'unità. Il GOP si stringe attorno al suo candidato e gli esprime pieno appoggio (anche finanziario, l'endoresement dei Bush anche da questo punto di vista conta moltissimo) nell'intento primarico di fare dell'atipico McCain in candidato di tutti, anche dell'establishment. E il senatore dell'Arizona ha dimostrato di poter superare la diffidenza dell'elettorato più conservatore: ha perso di un solo punto in Lousiana ed è riuscito a conquistare la Virginia che veniva attribuita quasi con certezza ad Huckabee. La vera missione di McCain sarà quella di convincere la base repubblicana conservatrice a non astenersi nel voto di novembre, senza perdere il consenso di coloro che vedono in lui un innovatore.
Intanto Mike Huckabee continua la sua corsa sperando in un buon risultato in Texas e Ohio ma sperando ancor più, a detta di molti, nella vicepresidenza. L'affollato totovicepresidente vede salire le quotazioni del 47enne governatore del Minnesota Tim Pawlenty e, a sorpresa, anche quelle del segretario di Stato Condoleeza Rice, vero e proprio asso in grado di contrastare l'effetto novità di Clinton e Obama.
Ah, a continuare la corsa per la Casa bianca anche l'immarcescibile candidato libertario Ron Paul.
Che McCain sia ormai ufficialmente il candidato del GOP non lo dimostra solo l'attenzione di tutto il suo partito ma anche quella rivoltagli da Obama che da Madison, Wisconsin, lo ha accusato di fiancheggiare la politica di Bush sull'Iraq. Di contro McCain non se si è fatto sfuggire l’occasione per contrattaccare Obama definendolo un populista. E non mancano gli attacchi sul piano personale, il NY Times ha parlato di una vecchia relazione del senatore dell'Arizona con la lobbista 40enne Vicki Iseman. La notizia ha provocato la riposta indignata dello staff di McCain.
I sondaggi, che fino a poco tempo fa vedevano in vantaggio il veterano del Vietnam, sono oggi favorevoli ad Obama che batterebbe McCain con il 47% dei voti staccandolo di sette punti. Obama Superman sembra non avere rivali. Per il momento.
Di seguito i risultati delle ultime consultazioni.
Per avere un quadro completo dei delegati assegnati ai candidati democratici clicca qui, per i repubblicani qui.
1 commento:
I media parlano solo di Obama (così come fecero per Kerry....). Ma io non darei così scontato l'esito finale delle elezioni presidenziali. McCain ha più chance di quanto si creda.
Posta un commento