La compagnia di bandiera è salva. Cai e sindacati raggiungono finalmente l'intesa e Veltroni sgomita per apparirne come l'unico meritorio responsabile. In realtà l'accordo sulla nuova compagnia di bandiera è un altro successo dell'esecutivo. Molti, in ogni caso, gli interrogativi sul futuro e intanto ai cittadini non resta che pagare i debiti della bad company
La trattativa prosegue per Avia e Sdl, nella speranza che domani si raggiunga l'intesa anche con le due sigle che rappresentano assistenti di volo e lavoratori di volo e terra. Nella notte tra venerdì e sabato è arrivato finalmente il sì dei piloti di Anpac e Up la cui firma si è aggiunta a quella di Cisl, Uil, Cgil, Ugl e Anpav in calce al piano proposto dalla Cai per l'acquisto di Alitalia.
Cai assumerà a tempo pieno 1.550 piloti di Alitalia, gli esuberi sono ridotti a 870 e per 139 di loro ci sarà il part-time con rotazione. Ai 900 piloti con grado di comandante verrà garantita la qualifica di dirigente che permette la negoziazione in proprio del contratto e il licenziamento previo pagamento di un'indennità.
L'intesa, che consentirà l'affidamento di Alitalia alla nuova compagnia entro venti giorni, stando anche a quanto affermato dal commissario straordinario Fantozzi, prevede che essa assuma 12.500 lavoratori, gli esuberi saranno 3.250. La Cai si rende disponibile ad avvalersi del personale che negli ultimi 36 mesi ha prestato la propria opera, con un contratto a tempo determinato, in società dei gruppi Alitalia e AirOne fino ad un massimo di mille unità. Il salario di piloti e assistenti di volo subirà una decurtazione del 6-7% recuperabile con incrementi della produttività. Restano invariate le retribuzioni di coloro che guadagnavano 1.200-1300 euro mensili.
Secondo quanto previsto dal piano Fenice elaborato da Intesa San Paolo, i soci di Cai non possono vendere le loro quote di partecipazione prima di cinque anni, ragione per cui i partner stranieri entrerebbero attualmente con una quota di minoranza. Anche su questo fronte i contatti proseguono con Air France- Klm, British Airways e in particolare con Lufthansa.
Queste in estrema sintesi le ultime tappe e le condizioni che hanno portato al salvataggio della compagnia di bandiera. Se si eccettuano le modifiche in favore dei piloti, l'accordo firmato è sostanzialmente quello che Cisl, Uil e Ugl avevano già condiviso la scorsa settimana, non cambia in nulla il piano industriale e si registra un sostanziale pareggio tra la ragionevolezza dei sindacati che avevano già firmato e le pretese della Cgil. Un pareggio che ha scongiurato molti pericolosi rischi. Innanzitutto quello dell'imminente fallimento, poi quello della frattura sindacale e della propagazione dell'idea sinistra che in Italia basta che una minoranza si metta di traverso per mandare all'aria tutto. Deterrente mortale per qualsiasi investitore estero e incentivo all'onnipresente partito del no.
Per dei rischi che vengono scongiurati si aprono sfide cruciali. Come rilevato da più parti, la privatizzazione di Alitalia deve necessariamente condurre ad un suo radicale cambiamento. Per anni lo strapotere dei sindacati e l'intervento della politica hanno portato all'accrescimento di insopportabili privilegi e all'accumulo di enormi perdite sempre ripianate dall'intervento dei contribuenti. Se le norme comunitarie hanno messo fine a questa prassi consolidata vietando gli aiuti di Stato, è la privatizzazione a dover ricondurre la compagnia a normali criteri gestionali.
L'ultimo definitivo lascito della cattiva amministrazione di Alitalia è rappresentato dalla bad company a carico del Tesoro. Secondo l'analisi del professor Carlo Scarpa, ordinario di Economia Politica presso l'Università di Brescia, per La Voce.info, lo Stato pagherebbe direttamente 2,9 miliardi (1,2 miliardi per debiti finanziari, 300 milioni per il prestito ponte e 1,4 miliardi per ammortizzatori sociali e tutela degli azionisti) a fronte di un attivo di 800 milioni. I debiti verso i fornitori, stimabili in 1,5 miliardi, dovrebbero essere soddisfatti pro- quota liquidando l'attivo secondo le norme sul fallimento. E' bene rammentare in ogni caso che se la vendita di Alitalia a Cai non si fosse conclusa, il prezzo da pagare per le casse dello Stato sarebbe stato di molto superiore.
Sul piano politico l'intera operazione si può agevolmente inserire tra i successi conseguiti dal governo. Il patetico tentativo, da parte di Veltroni, di attribuirsi il merito di aver ricondotto la Cgil al tavolo della trattativa è un altro preoccupante sintomo della confusione che il Partito democratico sta attraversando. Un disperato tentativo di dimostrare la propria influenza, in verità assai dubbia. Per mesi il Pd ha irriso alla possibilità che la cordata italiana esistesse, quando la cordata italiana si è fatta avanti, ha accusato Berlusconi di aver fatto fallire il piano Air France-Klm, come se quel piano non fosse saltato perché i sindacati non trovarono l'intesa sui livelli occupazionali, come se il capo dell'opposizione potesse davvero condizionare la questione, come se Berlusconi, da capo dell'opposizione appunto, pur esprimendo il proprio dissenso nei confronti del piano, non avesse più volte ribadito che, qualora fosse andato al governo, l'avrebbe rispettato pienamente. Per mesi il Pd ha accusato l'esecutivo di correre dietro al feticcio dell'italianità, senza badare al fatto che l'italianità era tutt'altro che un feticcio ma una questione di bruciante pragmatismo in grado di salvaguardare le rotte italiane e i diritti dei cittadini, senza nessuna preclusione nei confronti dell'ingresso successivo di partner stranieri come le trattative di queste ore dimostrano. Da ultimo il Pd si era dimostrato tiepidissimo nei confronti dell'imminente accordo tra Cai e sindacati, limitandosi a poche esternazioni di prammatica. Quando l'accordo sembrava saltato e Alitalia si avviava al fallimento si era affrettato ad addossare la colpa di questo esclusivamente a Berlusconi e alla sua eccessiva ingerenza, così come, accortosi che l'iscrizione al partito del fallimento era devastante sul piano della già sua malconcia popolarità, ha accusato Berlusconi di disinteresse nei confronti della vicenda (sic!) e ha fatto vestire a Veltroni i panni del salvatore della patria, del combattente contro i bulli al governo, dell'unico in grado di riportare al tavolo Cgil e Cai e fargli trovare l'intesa.
Nella consapevolezza che la vittoria ha sempre molti padri, al di là delle effettive e comprensibili esigenze di visibilità del Partito democratico, sulla questione Alitalia c'è per tutti davvero ben poco per cui cantare vittoria.
Se Dario Di Vico sul Corriere, all'indomani della firma della Cgil, plaudeva al raggiungimento dell'accordo additandolo come esempio della buona politica, a mio parere della buona politica del solo centrodestra, non va dimenticato che proprio la politica ha dato una grossa mano a condurre l'Alitalia sull'orlo del baratro.
La vendita a Cai è stata né più né meno che l'unica, ultima alternativa possibile al fallimento. Senz'altro un'altra vittoria politica del governo che apre però la via a molti interrogativi economici.
1 commento:
L'importante è che si sia giunti ad una soluzione. Il lavoro è la cosa più preziosa al giorno d'oggi, se molte persone dovessero perdere il lavoro allora sarebbero guai seri.
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