venerdì 16 novembre 2007

Ritratto bidimensionale di un artista geniale

La fiction su Rino Gaetano andata in onda domenica e lunedì su Raiuno ha avuto due meriti fondamentali: parlare di uno dei più grandi autori della musica leggera italiana, definire alquanto chiaramente il suo rapporto con la politica, estraneo alle logiche di parte al contrario di quanto una consueta strumentalizzazione dimostri.
Rino Gaetano. Ma il cielo è sempre più blu è una coproduzione realizzata da Claudia Mori per la Ciao Ragazzi e da Rai Fiction per la regia di Marco Turco. Il film, della durata di tre ore, ha come protagonista Claudio Santamaria nei panni del cantautore affiancato da Kasia Smutniak e Laura Chiatti nelle parti rispettivamente della fidanzata storica di Rino, Irene, e di Chiara una sua groupie diventata poi produttrice. Tra gli altri interpreti Thomas Trabacchi, Giorgio Colangeli, Ninetto Davoli, Rosita Celentano e Francesco Apolloni. La fiction ha avuto grande successo di pubblico, ha vinto la gara degli ascolti ottenendo 6 milioni 97 mila spettatori e uno share del 26.68% nella serata di domenica e 6 milioni 998 mila spettatori con uno share del 26.32% in quella di lunedì. Decisamente più giovane, rispetto all'età media del pubblico della prima serata di Raiuno, la platea che ha seguito le vicende di Rino Gaetano dagli esordi artistici contrastati da suo padre, fino al grande successo passando per i suoi amori, le sue passioni e i suoi tormenti.
Claudio Santamaria è riuscito a disegnare al meglio la figura di un Rino Gaetano intimo e fragile, dimagrito di dieci chili per interpretare il suo ruolo, ha raccontato di aver letto tutte le biografie dedicate all'artista e di aver tratto ispirazione dagli autori che leggeva. Quasi tutte le canzoni del film sono state interpretate con talento dallo stesso Santamaria. Ne escono bene anche la Smutniak e la Chiatti particolarmente credibili.
Al di là della bravura degli attori, guardare una fiction su Raiuno non è cosa facile soprattutto per chi come me non è abituato, l'abusato espediente di far iniziare il film lì dove finisce, i tagli brutali per inserire la pubblicità che tranciano di netto la tensione del racconto, la sintesi di quello che succederà nella seconda parte del film e che praticamente ti dice come andrà a finire, l'impossibilità di leggersi i titoli di coda sono tutte cose che mettono a dura prova la pazienza dello spettatore.
Nel merito, la fiction su Rino Gaetano racconta per mezzo di bravi attori, una storia eccezionale in maniera banale e stereotipata ad iniziare dal nome Rino Gaetano. Ma il cielo è sempre più blu come se Gaetano avesse scritto solo quella canzone il cui titolo è stato usato più e più volte persino per uno show di Giorgio Panariello in onda sempre su Raiuno. Lasciando da parte per un attimo i troppi errori che per sciatteria od opportunismo sono stati commessi (manifesti di dischi che sarebbero usciti solo anni dopo rispetto alla collocazione temporale della narrazione, i genitori crotonesi che parlano uno in napoletano l'altra in siciliano in una percezione approssimativa del sud, dossi di gomma, famiglia Celentano a profusione con la Mori che produce, Rosita che recita e Adriano che viene citato dalla Chiatti che canta Una carezza in un pugno sul balcone dell'albergo) non si può fare a meno di notare che la sceneggiatura procede per cliché, l'artista maledetto, depresso, alcolizzato e sociopatico che nella migliore tradizione del “genio e sregolatezza” finisce per essere vittima di se stesso, lo scontro generazionale con il padre che si oppone al suo essere artista, le storie d'amore che prendono il sopravvento mortificano la figura di Rino Gaetano a vantaggio di un dolciastro didascalismo a buon mercato.
Già dopo la premiére del film in luglio al Romafiction festival la sorella di Gaetano, Anna (chi ha guardato la fiction non sapeva neanche che Rino Gaetano avesse una sorella) si è detta insoddisfatta del prodotto perché poco corrispondente alla realtà. Il direttore di Raifiction, Agostino Saccà ha parlato di un racconto nel quale non c’è la realtà biografica precisa di Rino Gaetano ma c’è la sua verità mentre il regista Marco Turco ammette di essersi preso molte libertà drammaturgiche, dice di aver seguito il filo delle canzoni immaginando i diversi stati d'animo che stavano dietro e costruito il racconto sui conflitti col padre perchè quello era il momento in cui i giovani non accettavano il principio di autorità e contestavano i genitori. Cos'altro aggiungere, Rino Gaetano è ridotto ad una sagoma di cartone, poco più di un pretesto.
Nel film manca del tutto il suo legame con il sud cantato malinconicamente in molti suoi pezzi, manca il riferimento alla sua capacità di descrivere lucidamente con ironia ed amarezza l'italia di quegli anni. Anche la scelta di non narrare la sua morte (la notte del 2 giugno 1981 si schianta contro un camion sulla via Nomentana a Roma e il suo ricovero viene rifiutato da cinque ospedali) è funzionale all'idea di rendere Rino Gaetano un innocuo prodotto adatto al pubblico di Raiuno.
Per conoscere davvero Rino Gaetano meglio dimenticarsi di questa fiction che pure come detto all'inizio ha dei meriti, meglio sarebbe riguardarsi la puntata de La storia siamo noi di Giovanni Minoli dedicata al cantautore, meglio sarebbe confrontarsi direttamente con la sua poesia.

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