sabato 15 settembre 2007

Ricordando Cassandra

Secondo Oriana Fallaci la morte era uno spreco. Era convinta che la partita a scacchi con la Signora nera, quella del Settimo sigillo, fosse una partita truccata, perché si nasce per morire e dopo la morte c'è il nulla. Ma una speranza che qualcosa invece dopo la morte ci sia, è conservata nell’epilogo della "Lettera a un bambino mai nato" in quell’ "Ora muoio anch'io. Ma non conta. Perché la vita non muore". Sì, la vita non muore perché chi se ne va lascia tracce indelebili, e Oriana Fallaci dunque c'è ancora con i suoi scritti, con la sua travolgente passione.
All’incirca con queste parole Riccardo Mazzoni, direttore del Giornale di Toscana e amico di Oriana Fallaci, apriva un tenero articolo apparso su L’Occidentale il 29 giugno scorso, giorno della nascita della scrittice. Mazzoni, all’indomani della sua scomparsa, ha anche scritto un libro per i tipi della Società toscana di edizioni dal titolo “Grazie Oriana” che ripercorre i suoli ultimi cinque anni di vita dall’11 settembre in avanti, “un tentativo di sottrarre la sua opera all’oblio di una società che non è in grado di sostenerne il peso morale e culturale”.
Con «La Rabbia e l' Orgoglio», «La Forza della Ragione» con «Oriana Fallaci intervista sé stessa» con «L' Apocalisse» e con la “predica” «Sveglia, Occidente, sveglia!»; con queste opere per cui fu processata in Francia nel 2002 con l’accusa di razzismo religioso e xenofobia, per cui chiesero la sua estradizione in Svizzera, per cui le venne contestato in Italia il reato d’opinione di vilipendio all’Islam; con queste opere che le valsero le critiche feroci della sinistra e non solo, per cui Franca Rame disse «Aver seminato tutto il terrore che ha seminato è un'azione di terrorismo e come si chiamano coloro che fanno terrorismo? Terroristi! La signora Fallaci quindi è una terrorista», per cui Fausto Bertinotti, allora segretario di Rifondazione comunista disse «Fallaci si è ormai distinta per un’avversione a tutte le differenze, a tutte le diversità, cioè all’umanità», per cui Rina Gagliardi firmò su Liberazione un articolo dal titolo «Fuck you Fallaci». Con queste opere Oriana Fallaci ha lanciato un allarme, un grido all’Occidente e all’Europa in particolare, perché corresse ai ripari. Perchè si accorgesse dell’avvento di quel nuovo totalitarismo rappresentato dal fondamentalismo islamico e verso cui l’Occidente e l’Europa mostravano acquiescenza, pericolosa tolleranza e che, nel nome del multiculturalismo e del rispetto di chi non ci rispetta, sceglieva, più o meno inconsapevolmente, di soccombere rinunciando alla difesa della propria identità e della propria libertà. Quell’allarme è rimasto, ad oggi, quasi del tutto inascoltato e se da un anno a questa parte la voce di Oriana Fallaci è rimasta in un irreale silenzio, il suo messaggio non ha smesso di gridare la sua bruciante attualità.
Guardando a quello che è successo in Italia negli ultimi mesi mi viene da chiedere chissà che cosa avrebbe detto la voce di Oriana Fallaci dopo aver ascoltato la relazione del Dis (Dipartimento per le informazioni per la sicurezza, il vecchio Cesis) che diceva che le moschee in Italia sono passate dalle 351 del 2000 alle 735 del primo semestre di quest’anno, 39 solo negli ultimi cinque mesi il che vuol dire che al massimo ogni 100 fedeli dispongono di una moschea; che le scuole coraniche sono nel nostro Paese ben 158. Molte di queste moschee nascono grazie alla disponibilità delle amministrazioni locali di sinistra che concedono terreni, stabili, finanziamenti, molte di esse fanno parte dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia) emanazione dei Fratelli musulmani, un movimento estremista che predica la distruzione di Israele, inneggia ai kamikaze palestinesi e ha l’ambizione jihadista di costruire il califfato mondiale. Chissà cosa avrebbe detto di fronte alla decisione del ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero di regalare alle moschee italiane 50 milioni di euro per favorire, non si sa come, corsi di integrazione e di cittadinanza.
Chissà cosa avrebbe detto di fronte a Mustapha El Korchi, imam marocchino di Ponte Felcino, sobborgo di Perugia diventato un ghetto islamico, 5 mila abitanti di cui solo il 2% italiani, che veniva descritto dalla stampa come un onesto lavoratore padre di tre figli, in Italia da quasi vent’anni, che mediante la sua associazione offriva accoglienza e consulenza per gli immigrati di religione musulmana nel nome dell’integrazione. Chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che in realtà Mustapha El Korchi era a capo di una cellula di matrice jihadista vicina ad Al Quaeda, che nella sua moschea faceva proselitismo, che possedeva un arsenale di armi chimiche che avrebbero potuto essere utilizzate per inquinare gli acquedotti e provocare stragi.
Chissà cosa avrebbe detto di fronte all’allarme circa «un particolare attivismo, nel nostro Paese, delle cellule di matrice salafita – leggi ultraconservatrice – collegate alla rete internazionale di Al Qaeda» lanciato dal Capo della Polizia Antonio Manganelli nell’ultima audizione davanti alla Commissione affari costituzionali della Camera. Chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che, causa tagli approvati nella scorsa finanziaria, 400 agenti dei servizi segreti impegnati nell’opera di contrasto del terrorismo e dell’eversione potrebbero essere esonerati dal loro incarico, senza considerare che con la riforma che ne ha modificato le sigle, i servizi segreti, hanno visto limitata la loro attività dal controllo di Parlamento e Procure.
Chissà cosa avrebbe detto di fronte a Hiina Salem la “cattiva musulmana” sgozzata dal padre con la complicità della famiglia perché voleva lavorare in un bar dove si vendono alcolici e convivere con un italiano. Chissà cosa avrebbe detto di fronte a Dounia Ettaib, vicepresidente lombarda dell’Associazione donne marocchine in Italia, che voleva costituire la sua associazione parte civile nel processo agli assassini di Hiina. Chissà cosa avrebbe detto di fronte alla sua volontà di dare un’interpretazione diversa dell’islam, di lottare per l’emancipazione delle donne musulmane e delle aggressioni, delle minacce, degli avvertimenti che subisce per questo dai suoi correligionari e che la costringono a vivere sotto scorta.
Probabilmente la voce di Oriana Fallaci di fronte a tutto questo non avrebbe detto nulla di nuovo rispetto a quanto già detto negli ultimi anni. Ci avrebbe probabilmente ancora una volta, con forza, intimato alla difesa. Ci avrebbe, ancora una volta gridato il suo messaggio di libertà rimasto finora quasi del tutto inascoltato.

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