Da ieri è iniziato il rientro a scuola per un vero e proprio esercito di 8,6 milioni di persone, tra presidi, insegnanti, personale amministrativo e ausiliario e studenti. Ad attenderli molte novità e qualche vecchia abitudine, la più odiosa tra queste riguarda il rincaro dei libri su cui l’Antitrust ha aperto un’indagine. E’ da considerare, su questo fronte, anche l’approvazione dell’emendamento al ddl Bersani presentato da Benedetto Della Vedova, deputato di Forza Italia, che introduce la liberalizzazione degli sconti su tutti i libri, inclusi i testi per la scuola correggendo le fortissime limitazioni dell’attuale sistema normativo agli sconti praticabili dai rivenditori.
Le novità riguardano invece il nuovo obbligo, le indicazioni nazionali per il primo ciclo, le sezioni primavera per i bambini dai due ai tre anni, i debiti da "saldare" per la maturità, il nuovo regolamento per le supplenze che punta ad una maggiore semplificazione e velocità delle convocazioni anche attraverso il monitoraggio on-line delle disponibilità. Sul piano disciplinare si attende un giro di vite contro il bullismo e l’indisciplina ma anche contro gli insegnanti fannulloni. L’anno scolastico 2007/2008 si apre con 60 mila nuove assunzioni (50 mila docenti e 10 mila Ata) a fronte di 54 mila pensionamenti.
La lunga opera di smantellamento della riforma Moratti posta in atto dal ministro Fioroni dovrebbe avere il suo epilogo in una riforma strutturata entro il 2009 anno per il quale è previsto il decollo del nuovo modello delle superiori e la fine della fase sperimentale per il nuovo obbligo di istruzione.
Se questi sono gli atti concreti, ancorché discutibili, che il ministro ha adottato e ha in animo di adottare, dal punto di vista delle boutade, c’è da registrare la sua recente uscita sul “ritorno” alla grammatica e alle tabelline secondo lui soppiantate, durante il governo Berlusconi, dalle tre I (Internet, Inglese, Impresa). Un ridicolo atteggiamento da “salvatore della scuola” per un ragionamento mistificatorio che getta la croce dei guasti e delle inefficienze della scuola pubblica italiana esclusivamente addosso a Berlusconi e alla Moratti.
Il problema è in realtà molto più serio e con maggiore serietà andrebbe affrontato. Il rapporto P.I.S.A (Programme for international student assessment) del 2003 ha messo in evidenza che la percentuale di quindicenni italiani che raggiungevano i livelli più alti di competenza matematica era inferiore alla metà della media Ocse, mentre la percentuale di studenti con competenze matematiche rudimentali o nulle era del 50% superiore e che il punteggio medio dei quindicenni italiani non era solo inferiore a quello internazionale, ma era di fatto il penultimo dell’area U.E. Nella capacità e comprensione di lettura la percentuale dei migliori era di circa un terzo inferiore alla media Ocse, quella dei peggiori di circa un quarto superiore. Insomma i quindicenni italiani avevano e hanno gravi lacune sia in matematica che in italiano.
Questo sostanziale fallimento è tanto più assurdo se si considera che a fronte di un calo del numero degli studenti, per ragioni demografiche, di circa 2,2 milioni dal 1980 ad oggi, vi è stato un incremento del numero degli insegnanti pari a qualche decina di migliaia di unità.
In questa situazione il numero di ore di lezione per insegnante è di oltre il 10% inferiore alla media dell’area U.E., il rapporto tra insegnanti e studenti è di circa 1 a 11,3 contro 1 a 14,3 della Francia, 1 a 16,1 della Germania e 1 a 16,7 della Gran Bretagna. Non meraviglia quindi che la spesa per studente sia in Italia molto alta, maggiore del 40% nei confronti della Germania per quanto riguarda la scuola primaria e del 20 per la scuola secondaria, pur guadagnando gli insegnati tedeschi in media tra il 40 e il 50% in più di quelli italiani.
In italia da quarant’anni a questa parte c’è una logica politica e sindacale che vede l’insegnante ridotto ad impiegato pubblico privo di qualunque incentivo a fare meglio e che dà poco in cambio di poco. La sinistra ha sempre considerato la scuola non certo come una struttura produttiva ma come un bacino di consenso, il modulo dei tre insegnanti per le scuole elementari ne è un mirabile esempio, ma anche le ultime assunzioni volute da Fioroni rispondono a questa filosofia demagogica, nessuna selezione meritocratica, solo assunzioni sulla base dell’anzianità e della permanenza nelle graduatorie.
Fioroni parla di grammatica e tabelline di cui nessuno contesta né ha mai contestato l’importanza e non si accorge che le ragioni del fallimento non sono da ricercarsi nella riforma Moratti che faticosamente ha cercato di invertire una tendenza consolidata, ma in un modello chiuso, rigido e corporativo figlio di cattive scelte sindacali e politiche.
La scuola ha bisogno di un’autentica ventata liberalizzatrice: il buono scuola, la sussidiarietà, la libertà didattica e l’autonomia amministrativa, l’introduzione di un sistema competitivo di selezione meritocratica degli istituti e dei docenti in base alla qualità dell’istruzione e dell’apprendimento degli studenti, la riduzione del numero degli insegnanti attraverso una gestione intelligente del turn-over (entro il 2014 circa 265 mila insegnanti raggiungeranno l’età pensionabile. Parliamo di un terzo degli insegnanti statali, precari compresi) che garantirebbe un aumento dello stipendio e una contestuale riduzione della spesa corrente, sono le sole misure in grado di fare davvero e non solo a parole, della scuola un settore strategico per accrescere la competitività del nostro Paese.
Le novità riguardano invece il nuovo obbligo, le indicazioni nazionali per il primo ciclo, le sezioni primavera per i bambini dai due ai tre anni, i debiti da "saldare" per la maturità, il nuovo regolamento per le supplenze che punta ad una maggiore semplificazione e velocità delle convocazioni anche attraverso il monitoraggio on-line delle disponibilità. Sul piano disciplinare si attende un giro di vite contro il bullismo e l’indisciplina ma anche contro gli insegnanti fannulloni. L’anno scolastico 2007/2008 si apre con 60 mila nuove assunzioni (50 mila docenti e 10 mila Ata) a fronte di 54 mila pensionamenti.
La lunga opera di smantellamento della riforma Moratti posta in atto dal ministro Fioroni dovrebbe avere il suo epilogo in una riforma strutturata entro il 2009 anno per il quale è previsto il decollo del nuovo modello delle superiori e la fine della fase sperimentale per il nuovo obbligo di istruzione.
Se questi sono gli atti concreti, ancorché discutibili, che il ministro ha adottato e ha in animo di adottare, dal punto di vista delle boutade, c’è da registrare la sua recente uscita sul “ritorno” alla grammatica e alle tabelline secondo lui soppiantate, durante il governo Berlusconi, dalle tre I (Internet, Inglese, Impresa). Un ridicolo atteggiamento da “salvatore della scuola” per un ragionamento mistificatorio che getta la croce dei guasti e delle inefficienze della scuola pubblica italiana esclusivamente addosso a Berlusconi e alla Moratti.
Il problema è in realtà molto più serio e con maggiore serietà andrebbe affrontato. Il rapporto P.I.S.A (Programme for international student assessment) del 2003 ha messo in evidenza che la percentuale di quindicenni italiani che raggiungevano i livelli più alti di competenza matematica era inferiore alla metà della media Ocse, mentre la percentuale di studenti con competenze matematiche rudimentali o nulle era del 50% superiore e che il punteggio medio dei quindicenni italiani non era solo inferiore a quello internazionale, ma era di fatto il penultimo dell’area U.E. Nella capacità e comprensione di lettura la percentuale dei migliori era di circa un terzo inferiore alla media Ocse, quella dei peggiori di circa un quarto superiore. Insomma i quindicenni italiani avevano e hanno gravi lacune sia in matematica che in italiano.
Questo sostanziale fallimento è tanto più assurdo se si considera che a fronte di un calo del numero degli studenti, per ragioni demografiche, di circa 2,2 milioni dal 1980 ad oggi, vi è stato un incremento del numero degli insegnanti pari a qualche decina di migliaia di unità.
In questa situazione il numero di ore di lezione per insegnante è di oltre il 10% inferiore alla media dell’area U.E., il rapporto tra insegnanti e studenti è di circa 1 a 11,3 contro 1 a 14,3 della Francia, 1 a 16,1 della Germania e 1 a 16,7 della Gran Bretagna. Non meraviglia quindi che la spesa per studente sia in Italia molto alta, maggiore del 40% nei confronti della Germania per quanto riguarda la scuola primaria e del 20 per la scuola secondaria, pur guadagnando gli insegnati tedeschi in media tra il 40 e il 50% in più di quelli italiani.
In italia da quarant’anni a questa parte c’è una logica politica e sindacale che vede l’insegnante ridotto ad impiegato pubblico privo di qualunque incentivo a fare meglio e che dà poco in cambio di poco. La sinistra ha sempre considerato la scuola non certo come una struttura produttiva ma come un bacino di consenso, il modulo dei tre insegnanti per le scuole elementari ne è un mirabile esempio, ma anche le ultime assunzioni volute da Fioroni rispondono a questa filosofia demagogica, nessuna selezione meritocratica, solo assunzioni sulla base dell’anzianità e della permanenza nelle graduatorie.
Fioroni parla di grammatica e tabelline di cui nessuno contesta né ha mai contestato l’importanza e non si accorge che le ragioni del fallimento non sono da ricercarsi nella riforma Moratti che faticosamente ha cercato di invertire una tendenza consolidata, ma in un modello chiuso, rigido e corporativo figlio di cattive scelte sindacali e politiche.
La scuola ha bisogno di un’autentica ventata liberalizzatrice: il buono scuola, la sussidiarietà, la libertà didattica e l’autonomia amministrativa, l’introduzione di un sistema competitivo di selezione meritocratica degli istituti e dei docenti in base alla qualità dell’istruzione e dell’apprendimento degli studenti, la riduzione del numero degli insegnanti attraverso una gestione intelligente del turn-over (entro il 2014 circa 265 mila insegnanti raggiungeranno l’età pensionabile. Parliamo di un terzo degli insegnanti statali, precari compresi) che garantirebbe un aumento dello stipendio e una contestuale riduzione della spesa corrente, sono le sole misure in grado di fare davvero e non solo a parole, della scuola un settore strategico per accrescere la competitività del nostro Paese.
1 commento:
hai ragione ,io faccio la 2° media e nn posso neanche portare la coca cola il telefonino .Poi ogni 3 ritardi verra' segnalato ai genitori ,e se ne fai 5 in un mese skatta la sospensione,ormai non siamo piu'liberi. Ciao,il mio kontatto di msn è slok95@hotmail.it contattami se vuoi.
Ciao
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